X
Economia
Società
Sostenibilità
Vita aziendale
Chi siamo
Area stampa
Contattaci
Cerca:
Cerca:

Trade-in, l’usato che diventa industriale

Venerdì 10 Ottobre 2025

La permuta di certo non è un fatto nuovo. Ma nel settore della telefonia sta acquisendo scale e caratteristiche inaspettate, dando vita a vere e proprie filiere industriali, articolate internazionalmente e con un alto grado di automazione. Il mercato dei cellulari usati e rigenerati è in buona parte, ancor oggi, dominato dal micro-business e dalle piattaforme online di scambio diretto tra privati. Ma in Nordamerica, Australia Cina, India, Medio Oriente e Sudest Asiatico questo mercato sta crescendo esponenzialmente, e a trainare questo trend sono le politiche di grandi case produttrici come Apple, Samsung e AT&T, che negli ultimi anni, in maniera progressiva, hanno cominciato a pagare i cellulari usati consegnati dai loro clienti.

trade-in-usato

Si tratta di un take-back (“restituzione”) con logistica di ritorno, che usa il retail del nuovo come piattaforma fisica per intercettare l’usato, come avviene nei più tipici schemi di responsabilità estesa del produttore delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma con un fondamentale elemento aggiuntivo: i consumatori vengono premiati per la loro riconsegna con soldi sonanti, commisurati allo stato di conservazione e funzionalità del prodotto restituito e al suo valore di mercato. Per denominare questa politica le case produttrici usano un termine inglese: trade-in (definizione del dizionario dell’enciclopedia britannica: qualcosa che tu vendi a un business nel quadro di un tuo pagamento per qualcosa di nuovo).

Negli Stati Uniti, nel secondo quadrimestre del 2025, i soldi restituiti ai consumatori nel quadro del trade-in hanno raggiunto 1,34 miliardi di dollari, con un balzo del +60% rispetto allo stesso quadrimestre del 2024. Tra il 2025 e il 2030, a livello mondiale, si prevede che il volume d’affari globale del settore del riutilizzo e rigenerazione dei cellulari (intera filiera, al di là dei soldi restituiti al consumatore) cresca dagli attuali 65 miliardi di dollari a 91 miliardi di dollari, e dalle 315 milioni di unità a 430 milioni di unità. Nel 2024 AT&T ha ritirato 12,5 milioni di cellulari usati, coprendo da sola quasi il 5% dell’intercettato.

Le ragioni della crescita

Il trend di crescita del trade-in dei cellulari può essere spiegato dalla convergenza di una pluralità di fattori. Innanzitutto, il rialzo e l’instabilità del prezzo delle materie prime e dell’energia, che induce le case produttrici a sviluppare schemi di filiera che riducano la necessità di reperire le materie prime sul mercato mondiale e minimizzino l’impiego energetico nei processi produttivi; a contribuire al rialzo dei prezzi di materie prime ed energia sono guerre, conflitti commerciali, dazi e sanzioni. In prospettiva, come ulteriore fattore di rincaro delle materie prime ci sono le misure sempre più stringenti di Due Diligence imposte alle grandi imprese; queste ultime, sempre di più, sono obbligate dai legislatori ad approvvigionarsi esclusivamente di materie prime e prodotti intermedi con standard ambientali e sociali dimostrabili e rendicontabili. E cosa c’è di più tracciabile e sicuro di un take-back gestito in casa?

Inoltre, le grandi imprese, che conoscono a menadito le tendenze internazionali di evoluzione legislativa, sanno bene che la Responsabilità Estesa del Produttore presto o tardi sarà imposta in ogni angolo del mondo, non solo perché a chiederla sono istituzioni internazionali come l’ONU e l’OCSE, ma anche perché sta diventando uno strumento di equilibrio tra i governi per distribuirsi l’onere degli impatti ambientali (se tu esporti nel mio paese, allora in quanto produttore devi farti finanziariamente carico della gestione del tuo prodotto quando arriva a fine vita, ossia quando diventa un rifiuto; e se esporti prodotti poco durevoli che diventano subito rifiuti il tuo onere aumenterà). Con il take-back, le compagnie puntano a diminuire il volume di rifiuti di cui farsi carico, e grazie al trade-in si fa in modo che ad essere re-intercettati siano prioritariamente i prodotti di maggiore valore.

A lato delle case produttrici, cominciano a spuntare come funghi le piattaforme di distribuzione che acquistano i cellulari usati con o senza obbligo di acquisto del cellulare nuovo, e alcune di esse, come la finlandese Swappie e l’emiratina Revibe, sono già dotate dei propri impianti di processamento.

Quando l’usato diventa industria

Il grande flusso dei cellulari ritirati con il trade-in richiede una gestione di massa, che include operazioni di rigenerazione, separazione dei componenti, e trattamento delle materie secondarie che non sono riutilizzabili ma possono essere riciclate nei processi di produzione del nuovo. Gli hub di raccolta e trattamento crescono ogni anno sia come unità che come scala di funzionamento, e a svilupparsi sono anche le tecnologie di automazione. A maggio 2024 Swappie ha ottenuto dall’Europe Investment Bank un prestito di 17 milioni di euro da investire in robotica, con il fine di potenziare le linee di produzione del refurbishment. A ottobre 2024, in Canada, le imprese Mobile Klinik e Apkudo sono entrate in partenariato per creare un impianto industriale dedicato alla diagnosi automatica dei cellulari usati. A dicembre 2024 Revibe ha investito 7 milioni di dollari per espandere i propri impianti di processamento di cellulari usati in Medio Oriente.

L’innovazione tecnologica non riguarda solo la gestione dei cellulari nelle fasi di filiera che sono posteriori al ritiro, ma anche le modalità di valutazione. Swappie, ad esempio, ha sviluppato un questionario online facile ed intuitivo che raccoglie ogni dettaglio relativo allo stato di funzionamento e conservazione del cellulare; la somma di questi dati determina il prezzo riconosciuto al consumatore. Se il consumatore accetta il prezzo, il cellulare viene ritirato a domicilio. Se l’ispezione posteriore rileva dettagli diversi da quelli dichiarati dal consumatore, viene proposto in automatico un prezzo inferiore, e se il consumatore non lo accetta il cellulare gli viene restituito a casa.




Industria o microimpresa?

Le microimprese dell’usato, come ad esempio i negozi conto terzi, devono preoccuparsi per l’entrata a piè pari dell’industria nel settore della seconda mano?

Fino a un certo punto. La dimensione industriale e automatizzata del riutilizzo e della rigenerazione dei cellulari è possibile solo per l’alta serialità e prevedibilità dei prodotti gestiti, caratteristica che non è tipica della gran maggioranza degli oggetti di seconda mano.

E il metodo di valutazione digitale che sostituisce quello umano? E i resi a domicilio? Anche qui, in realtà, le barriere d’accesso sono relative. Così come il conto terzi a conduzione familiare si è dotato di software avanzati di tracciabilità per gestire le transazioni tra privati, e di vetrine online per segnalare i prodotti presenti in negozio, può innovare anche in altri campi. E laddove l’economia di scala è indispensabile allo sviluppo dei nuovi strumenti, possono essere le reti franchising a procurarla.

Copyright © - Leotron società benefit a responsabilità limitata - Partita Iva: IT 02079170235