Ecodesign, rivoluzione in arrivo!
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Ecodesign, rivoluzione in arrivo!

Venerdì 19 Gennaio 2024

Redazionale

Lo scorso dicembre il Parlamento Europeo ha raggiunto un accordo provvisorio sul testo della nuova direttiva Ecodesign, che sarà quindi con ogni probabilità adottata sul breve termine (forse prima delle elezioni europee di primavera). La nuova norma europea impatterà sull’intero settore industriale e anche, molto fortemente, sulle economie del riuso.

direttivva-ecodesign

Quarant'anni di storia

“Dalla culla alla culla”, il famoso libro pubblicato nel 2002 da McDonough e Braungart, sublima concetti nati già alla fine degli anni ’80, parallelamente all’exploit dei movimenti ambientalisti. I concetti ispiratori dell’Ecodesign sono semplici come un uovo di colombo: l’uomo e le sue attività sono parte dell’ecosistema, e nel momento in cui non tengono conto di questa realtà la natura ne risente. L’ecosistema è composto da subistemi, e ognuno di essi funziona in base a un equilibro input-output. Ogni input arriva da un altro subistema e ogni output diventa input per un altro subsistema. L’attività umana, che volente o nolente è un subistema che interagisce con tutti gli altri subsistemi, ha creato nell’ultimo secolo un enorme squilibrio: da un lato divorando incontrollatamente risorse naturali (materie prime, prodotti energetici, ecc..) per renderle input dei propri cicli produttivi e dall’altro generando output che l’ecosistema non riesce a riassorbire (rifiuti, emissioni, scorie). Per non sconvolgere irrimediabilmente l’ecosistema l’uomo, nel suo stesso interesse, deve trovare il modo di ridurre gli impatti del proprio sistema produttivo, e la chiave principale per ottenere questo risultato è la progettazione ecologica dei prodotti. “Dalla culla alla culla” significa proprio questo: non più prodotti che dalla fin dalla culla sono destinati alla tomba, ma prodotti che nascono con le caratteristiche per arrivare a un’altra culla, ossia per diventare, dopo la prima fase di consumo, input di un nuovo ciclo umano (riuso, riciclo) o di un altro subsistema naturale. Negli ultimi vent’anni, parallelamente agli sforzi dei settori più avanguardistici dell’industria per soddisfare con l’ecodesign soluzioni gradite da crescenti nicchie di consumatori sensibili all’ambiente, il mercato di massa è stato inondato da prodotti low quality e low cost. Oggetti che costano poco e durano ancora meno. Più c’è crisi più diminuisce il potere dell’acquisto delle persone, e meno soldi hanno le persone più tendono a orientare le proprie scelte di consumo esclusivamente in funzione dell’economicità del prodotto. La gamma dei prodotti spazzatura spazia dai giocattoli fino agli elettrodomestici, i mobili, i prodotti casalinghi e l’abbigliamento, ma è il fast fashion, in particolare, ad essersi specializzato nell’agganciare a questa tendenza di povertà una proposta di gusto. Quest’ultima è basata sul continuo rinnovamento delle collezioni: la fregatura di dover gettare continuamente i propri abiti perché non resistono a più di tre o quattro lavatrici è compensata dalla gioia di vedere il proprio armadio riempito da vestiti sempre nuovi e diversi. Dal 2000 a oggi la produzione di abbigliamento è quasi triplicata, con effetti terribili sull’ambiente.

Questo dramma ambientale e psicosociale ha anche forti risvolti geoeconomici, considerando che questa ondata di prodotti-spazzatura proviene soprattutto da regioni extraeuropee dove l’industria si rafforza a scapito di quella europea (generando, in un circolo vizioso, più poveri e disoccupati europei che tenderanno a comprare sempre di più i prodotti low cost).

Con l’obiettivo di contrastare il fenomeno l’Europa ha adottato già nel 2009 una direttiva “ecodesign” (125/2009), ma quest’ultima si limita a istituire “un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia” (ossia i prodotti che impattano in qualche modo sul consumo energetico, ad esempio gli elettrodomestici) e concentrandosi soprattutto sui criteri di concessione dei marchi CE sulle etichette dei prodotti. Ma entro pochi mesi verrà adottata una nuova direttiva ecodesign che abrogherà quella del 2009 ed avrà effetti di gran lunga superiori.




Il primo passo concreto (e rivoluzionario) sarà fatto nel 2024

Il percorso europeo verso la nuova direttiva è iniziato nel 2019 ed è sfociato il 30/03/2022 in una proposta della Commissione Europea. Negli ultimi due anni la proposta della Commissione è stata oggetto di un intenso e vivace dibattito che ha visto la partecipazione di una grande quantità di stakeholder, includendo le italiane Rete ONU e Assorecuperi mediante il loro referente europeo EURIC Textile. A differenza della direttiva sull’ecodesign del 2009, questa volta le politiche saranno stringenti e includeranno elementi vincolanti: la fase delle teorie è sorpassata.

“E’ arrivato il tempo di abolire il modello prendi-fai-smaltisci, così dannoso per I’ambiente, per la nostra salute e per l’economia” ha dichiarato l’eurodeputata vicentina Alessandra Moretti, che è stata nominata relatrice del percorso assieme alla svedese Jessica Polfjard. “Questa legge” assicura la Moretti “garantirà che i nuovi prodotti siano progettati in modo da beneficiare tutti quanti, rispettando i limiti del nostro pianeta e proteggendo l’ambiente. I prodotti sostenibili diventeranno la norma e permetteranno ai consumatori di risparmiare energia, riparare facilmente e fare scelte ecologicamente smart quando fanno la spesa, risparmiando soldi sul lungo termine”.

Dopo l’approvazione della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo, riscossa la scorsa estate, il 4 dicembre il Consiglio e il Parlamento Europeo sono giunti a un accordo politico provvisorio. Quest’ultimo è basato su un testo finale che quasi sicuramente verrà approvato così com’è in un’imminente votazione plenaria del Parlamento Europeo diventando legge a tutti gli effetti. Questa votazione avverrà prima delle elezioni europee a giugno 2024 oppure nei mesi immediatamente successivi.




Il contenuto della nuova direttiva

Il testo, innanzitutto, dà un grande potere alla Commissione Europea, che viene incaricata di produrre un’ampia gamma di atti delegati, i quali dovranno specificare nel dettaglio gli obblighi e le procedure che le industrie, distributori, importatori e marketplace dovranno applicare in merito alle singole categorie di prodotto industriale. Gli atti delegati, così come stabilisce la giurisprudenza europea, possono essere adottati “ previa consultazione dei gruppi di esperti, composti da rappresentanti di tutti i paesi dell’UE, che si riuniscono su base periodica oppure occasionale” e successivamente a round di consultazione aperti a tutti cittadini. Una volta che la Commissione ha adottato l’atto, il Parlamento e il Consiglio hanno un paio di mesi di tempo per formulare obiezioni. Se non lo fanno, l’atto delegato entra in vigore.

I requisiti elaborati dalla Commissione per ogni classe di prodotto dovranno essere fondati su studi tecnici e puntare al miglioramento dei seguenti aspetti:

(a) durevolezza;

(b) affidabilità;

(c) riusabilità;

(d) aggiornabilità;

(e) riparabilità;

(f) possibilità di mantenimento e refurbishment;

(g) presenza di sostanze critiche;

(h) uso di energia ed efficienza energetica;

(ha) uso di energia ed efficienza idrica;

(i) uso di risorse ed efficienza delle risorse;

(j) contenuto riciclato;

(k) possibilità di rigenerazione;

(ka) possibilità di riciclo;

(l) possibilità di recupero dei materiali;

(m) impatti ambientali, impronta carbone;

(n) produzione di rifiuti prevista.

Nell’elaborazione degli atti delegati sui requisiti di prodotto, per il periodo 2024-2027 la Commissione dovrà dare priorità ai prodotti in ferro, acciaio e alluminio, ai prodotti tessili (in particolare indumenti e calzature), ai mobili, agli pneumatici, ai detergenti, alle vernici, ai lubrificanti e alle sostanze chimiche.

Le imprese saranno vincolate a fornire ai consumatori, agli enti di controllo e agli altri player di filiera informazioni dettagliate sui loro prodotti, e lo strumento chiave per veicolare questi dati sarà il Passaporto Digitale, ossia un “gemello virtuale” dotato di codici univoci in grado di identificare il singolo operatore e il singolo oggetto.

Tra gli interventi più importanti del provvedimento c’è il divieto di distruzione delle giacenze invendute di abbigliamento, accessori di abbigliamento e scarpe. La proibizione sarà applicata in via immediata sulle grandi imprese ed entrerà in vigore 6 anni dopo per le medie imprese. Ne sono invece esenti le piccole imprese e le microimprese (queste ultime verranno monitorate perché non vengano rifornite di prodotti da distruggere al fine di aggirare la norma). In generale, per qualsiasi tipo di prodotto, le imprese dovranno dichiarare pubblicamente il volume delle loro giacenze invendute o scartate e il modo in cui esse vengono gestite (con quali quote di riutilizzo, riciclo, smaltimento, ecc..).

Gli Stati Membri dovranno applicare sanzioni proporzionate e dissuasive contro chi viola le prescrizioni europee sull’ecodesign, e adottare tutte le misure necessarie perché esse siano applicate.

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