Alfa e Omega: il riuso vive in una sola testa
Alfa e Omega. Dalla culla alla culla. Chi si libera di un oggetto usato? Un consumatore. E chi acquista un oggetto usato? Un altro consumatore. Nel settore del riutilizzo inizio e fine della filiera coincidono perfettamente.
A volte chi cede un oggetto a un negozio ne acquista un altro nel medesimo negozio: in questo caso, tipico dei negozi dell'usato in conto terzi come quelli di Mercatopoli o BABYBAZAR, la filiera è più corta che mai e le strategie di marketing, letteralmente, hanno come target, una "sola testa".
Ci sono poi coloro che nell'intento di liberare uno spazio nella propria casa affidano i propri oggetti riusabili a svuotacantine che in realtà sono anche rigattieri di strada; ci sono quelli che conferiscono vestiti usati in contenitori stradali non sempre consapevoli che i loro vestiti, in gran parte, saranno reindossati da consumatori che vivono in Africa o Europa orientale; quelli che si rivolgono alle piattaforme online e, infine, quelli che preferiscono enti solidali (i quali molto spesso per finanziare le loro opere benefiche rivendono il raccolto a operatori commerciali).
Esistono anche i centri di riuso a lato dei centri di raccolta comunali e, in via molto incipiente, flussi di mobili, elettrodomestici ed oggettistica che vengono raccolti come rifiuti e preparati per il riutilizzo.
Quali sono le leggi che governano le scelte del consumatore che cede e acquista gli oggetti usati?
Proviamo a ripercorrerle in sintesi, partendo dalle decisioni del consumatore quando cede. Per chi si libera di un oggetto usato scegliere un canale piuttosto che un altro dipende sia da motivazioni funzionali che da motivazioni non funzionali, e il peso di ciascun ordine di motivazione dipende dallo stile di vita e dalla mentalità di ogni individuo e ogni famiglia, oltre che dalle specifiche condizioni del contesto territoriale in cui si trova. Tra le motivazioni funzionali troviamo, tra le più importanti, la "legge del minor sforzo", ossia la tendenza a preferire il canale più comodo, quello più vicino a casa propria, quello che offre maggiori flessibilità in termini orari.
Ci sono poi i fattori di convenienza economica: quanto mi costa disfarmi dei miei oggetti? E se al posto di pagare per farmeli portare via potessi guadagnare una commissione dalla loro vendita? A determinare la scelta, a volte, è il cosiddetto "costo opportunità": chi ha veramente troppo poco tempo disponibile, potrebbe scegliere l'opzione più comoda e veloce anche se è quella economicamente meno conveniente. Tra le motivazioni non funzionali, invece, troviamo l'appagamento morale legato ai gesti solidali e il livello di fiducia nei confronti dell'eticità ed ecologicità del canale (per questi aspetti alcune filiere sono meno sicure di altre).
I driver di scelta dei consumatori che acquistano le merci usate sono altrettanto diversificati e complessi. Leotron e l'Università di Verona hanno identificato l'esistenza di almeno 7 "aree di percezione":
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quella del "rifiuto", che vede l'oggetto usato come uno scarto privo di valore;
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quella "cheap" che lo vede come un prodotto, di poco valore e spesso difettoso;
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quella della "scoperta", focalizzata sulla rarità di oggetti che potrebbero non essere più in commercio;
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quella del "ricordo", che grazie all'oggetto usato evoca emozioni positive del passato;
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quella "smart" che si rende conto che a parità di prezzo la qualità dell'usato è maggiore di quella del nuovo;
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quella di "sostenibilità" che apprezza l'apporto ambientale della ricircolazione delle merci e ne vuole essere partecipe;
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infine, quella di "elite" che punta a oggetti di qualità superiore (vintage, antiquariato, memorabilia, ecc..).
Quali che siano le scelte del consumatore che cede e acquista beni usati, una cosa rimane indubbia: in questo settore, più che in qualsiasi altro, è lui a detenere il potere. E tale potere, indipendente dalla grande industria, può essere efficacemente utilizzato per allungare il ciclo di vita dei prodotti e ridurre l'impatto ambientale della produzione di beni nuovi.