Riuso: cosa aspettarci dal 2022
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Riuso: cosa aspettarci dal 2022

Martedì 04 Gennaio 2022
Alessandro Giuliani

Benvenuto duemilaventidue!

Se i trend di mercato si sviluppassero e consolidassero senza alcuna interferenza gli operatori dell'usato professionali avrebbero ragione di brindare per l'inizio di un anno sicuramente brillante. Ma le interferenze ci saranno. Non sto parlando degli effetti dell'emergenza sanitaria, che ormai abbiamo imparato a gestire e conoscere, ma delle politiche ambientali che da anni abbiamo preannunciato e che ora, finalmente, cominciano a far capolino dalla porta.

Gli operatori dell'usato, abituati al litigioso "condominio" dei consueti player e concorrenti, stanno per assistere all'ingresso di nuovi, e molto ingombranti, inquilini. Questi ultimi non arrivano timidamente, per posizionarsi in un appartamentino nel sottoscala e adattarsi alle regole pregresse.

Tutto il contrario: arrivano per posizionarsi al centro del mercato e con l'intenzione, il peso e il potere per cambiarne il funzionamento e le regole.

La buona notizia è che il principale obiettivo di questa entrata in campo è aumentare i volumi globali di riutilizzo in nome dell'ambiente. E in nome dell'ambiente, e muovendosi bene, gli operatori dell'usato invece di essere vittime di una "disruption" di proporzioni storiche potrebbero diventare protagonisti di una nuova, interessantissima, fase del loro lavoro.

aspettative-2022

Riepiloghiamo brevemente quanto sta succedendo. I due macroplayer che si apprestano a subentrare nel mercato dell'usato sono, nientepopodimeno, che lo Stato e l'Industria.

Lo Stato, fissando principi negli ultimi dodici anni e legiferando più concretamente a partire dal 2020, ha deciso che dal 2025 dovranno essere recuperati almeno il 55% dei rifiuti urbani prodotti; l'obbligo di recupero salirà al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035. E la forma prioritaria di recupero, secondo la norma, è la cosiddetta "preparazione per il riutilizzo", ossia il controllo, l'igienizzazione e l'eventuale riparazione di oggetti idonei per essere riutilizzati.

Il recupero, così come già accade da vent'anni con i rifiuti di imballaggio e da 8 anni con gli elettrodomestici, sarà organizzato e coperto finanziariamente dalle industrie che hanno fabbricato o importato gli oggetti (è il principio della Responsabilità Estesa del Produttore, del quale abbiamo abbondantemente parlato in numerosi articoli). Il Ministero per la Transizione Ecologica si appresta a instaurare il nuovo sistema per i rifiuti tessili (abiti usati, prodotti tessili usati, ecc..) e poi probabilmente seguiranno i mobili, i materassi e altre frazioni merceologiche. Dal primo gennaio è diventata obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti tessili, e questo determinerà, per forza di cose, un aumento degli abiti usati in circolazione. Se, come dice la legge, si recuperasse il 55% dei rifiuti tessili prodotti, in un tempo medio breve potremmo avere in circolazione parecchi milioni di abiti usati in più ogni anno. Oggi, sempre di più, gli abiti usati vengono esportati all'estero e tali esportazioni a volte celano gravi delitti ambientali; il problema è uscito alla luce e forse, in un prossimo futuro, l'aumento dei controlli all'esportazione farà sì che una quota maggiore di abiti usati rimanga in Italia.

Le industrie, chiamate a garantire il riutilizzo della maggior proporzione possibile di questi abiti, interverranno direttamente nel mercato in vari modi. Alcune, forse, alleandosi con i canali di seconda mano già esistenti. Altre, di sicuro, cercheranno di creare e gestire autonomamente canali propri: ad esempio lanciando nuove linee "green" che vadano incontro alla maggiore sensibilità ambientale della "generazione z", e che siano frutto del sistematico upcycling delle "rottamazioni" di abiti usati ritirati direttamente presso i punti vendita delle catene di retail. Con i mobili potrebbero affermarsi fenomeni del tutto simili e lo dimostrano gli esperimenti "second hand" di Ikea che coinvolgono ormai tutta Europa e, da quasi un anno, anche Milano.




C'è poi un'altra incognita: i Centri di Riuso!

Frutto fino a oggi dell'iniziativa di alcuni Comuni e di qualche bando regionale, sono piattaforme ubicate a fianco dei Centri di Raccolta dei rifiuti urbani gestite prevalentemente da associazioni e cooperative onlus; allo stato attuale tali iniziative, a causa di fisiologici limiti operativi, hanno un impatto quasi nullo sul mercato. Ma la situazione potrebbe presto cambiare: a dicembre 2021, nel quadro del PNRR, il Ministero per la Transizione Ecologica ha messo sul piatto considerevoli cifre perché le aziende di igiene urbana creino strutture di questo tipo a fianco dei centri di raccolta, e se questo tipo di incentivi ed elargizioni crescessero, i centri di riuso potrebbero elevarsi a sistema e cominciare, in qualche modo, ad avere un impatto sul mercato.



In sintesi il 2022, almeno secondo me, sarà il primo anno in cui tutti gli operatori dell'usato, anche quelli che non leggono gli articoli di Leotron, cominceranno a realizzare che i loro principali punti di riferimento sono destinati a scomparire. Aumenterà il volume dell'offerta di beni e con ogni probabilità anche la domanda finale. Cambieranno i rapporti di forza e gli attori in gioco. L'arena del mercato si popolerà di giganti inesperti che dovranno confrontarsi, e a volte accetteranno di essere guidati, da soggetti molto più piccoli e molto più esperti. Aumenteranno i rischi ma anche le opportunità di sinergia con nuovi player di peso.

A me il nuovo scenario non spaventa. Al contrario, sono entusiasmato da questa nuova possibilità di mettermi in gioco.

E voi?

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