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Rete ONU a Nairobi chiede una transizione giusta

Martedì 28 Novembre 2023

Pietro Luppi

430 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica ogni anno, che generano costi ambientali stimati tra i 300 e i 600 miliardi di dollari! Ma nessuna nazione o gruppo di nazioni ha sufficiente potere per risolvere individualmente questo disastro perché le filiere produttive e i mercati della plastica e i loro impatti ambientali sono globali. Per questa ragione è attivo dal 2022 un Comitato Negoziale Intergovernativo (INC) promosso dall’UNEP (United Nations Environmental Program) che ha l’obiettivo di raggiungere entro il 2024 un trattato internazionale legalmente vincolante contro l’inquinamento della plastica. Le principali linee d’intervento sulle quali stanno ragionando i governi sono:

a) l’eliminazione dei prodotti di plastica usa e getta;

b) l’individuazione di materiali sostitutivi alla plastica;

c) l’economia circolare (riuso e riciclo).

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Al terzo incontro mondiale del Comitato Negoziale Intergovernativo (INC-3), tenutosi dall’11 al 19 novembre a Nairobi, è stata invitata anche l’italiana Rete ONU, associazione nazionale degli operatori dell’usato. Il motivo della presenza? Rete ONU fa parte dell’Alleanza Internazionale dei Waste Pickers (IAWP), che è stata ufficialmente accreditata per partecipare alle consultazioni. Rete ONU è stata quindi chiamata a rappresentare i Waste Pickers europei, a fianco dei rappresentanti asiatici, africani, latinoamericani e nordamericani.

CHI SONO I WASTE PICKERS

Il termine Waste Pickers non va tradotto letteralmente in italiano come “raccoglitori di rifiuti” perché nel linguaggio settoriale del global south, ma sempre di più anche in quello del global north, sta a indicare lo specifico segmento degli operatori informali e vulnerabili che lavorano nelle filiere del recupero dei rifiuti. La base di IAWP è composta da rovistatori informali di rifiuti attivi nelle discariche incontrollate e nelle strade del global south, che raccolgono e rivendono materiali riciclabili, così come da analoghi lavoratori del global north che si approvvigionano di beni riusabili nei cassonetti stradali oppure svuotando cantine e garage, per poi rivenderli direttamente nelle strade e nelle piazze. In Italia i Waste Pickers sono almeno 50.000 e Rete ONU ne rappresenta 4000 in modo diretto (a fronte di una compagine totale di circa 13.000 addetti); non si conosce il numero totale dei Waste Pickers europei, ma il loro ordine di dimensione è sicuramente di centinaia di migliaia. Oltre a Rete ONU facevano parte della delegazione dei Waste Pickers anche esponenti brasiliani, cileni, kenyoti, sudafricani, senegalesi, statunitensi, indiani e bengalesi, a rappresentare un vasto movimento che è arrivato a riunire circa 460.000 operatori del recupero dei rifiuti in decine di paesi. Queste 460.000 persone sono l’avanguardia di una popolazione di Waste Pickers che nel mondo ammonta ad almeno 20 milioni di persone.

Nel percorso per il trattato sulla plastica i Waste Pickers, grazie ad IAWP, sono riusciti per la prima volta ad esprimere il proprio punto di vista in modo sistematico, unitario ed organizzato. A rendere possibile un’operazione di advocacy tanto complessa è stata l’ONG svedese WIEGO, che ha fornito ai leader dei Waste Pickers servizi tecnici di segreteria, coordinamento, traduzione e lettura tecnica degli atti ufficiali: un’operazione di empowerment che culminerà il prossimo maggio a Buenos Aires, quando i Waste Pickers eleggeranno direttamente un proprio Presidente e un proprio Comitato Direttivo che includerà i rappresentanti di tutte le regioni del mondo.




I WASTE PICKERS E L’INC-3

Ma torniamo a Nairobi. Domenica 13 novembre i delegati dei Waste Pickers si sono seduti attorno a un lungo tavolo sul tetto dell’hotel Lymack a Kambo, nella periferia orientale della capitale kenyota, e si sono seduti a parlare per più di 10 ore. Una riunione fiume finalizzata a trovare linee comuni e ad elaborare fino al minimo dettaglio istanze e posizioni. Un obiettivo per nulla facile considerato che tra le diverse regioni del mondo, e a volte anche tra paesi della stessa zona geografica, le differenze normative, socioeconomiche e di mercato sono a volte radicali. Ad esempio per i Waste Pickers dell’Europa centrale ed occidentale non è più possibile raccogliere con profitto carta, lattine e imballaggi di plastica, perché il livello di strutturazione delle raccolte differenziate e dei sistemi di recupero non lascia più spazi per un mercato micro; a trovare mercato sono invece l’oggettistica, i giocattoli e i beni riutilizzabili non voluminosi e, per quanto riguarda il riciclo, solo alcuni tipi di materiali ferrosi. Negli Stati Uniti le peculiarità dei sistemi di vuoto a rendere e della responsabilità estesa del produttore, lasciano invece ancora piccoli spazi alla microraccolta informale dei rifiuti di imballaggio. Nell’immenso global south dove le raccolte differenziate non sono ancora ben strutturate, sono i Waste Pickers a fornire alle filiere del riciclo la maggior parte del materiale. A cambiare sono anche gli approcci organizzativi: in sudamerica, ad esempio, i Waste Pickers tendono a organizzarsi in cooperative che lottano per “avanzare” nella catena di valore gestendo magazzini per vendere in blocco il raccolto, acquistando quando possibile macchinari per preparare al riciclo le materie secondarie. In altre regioni del mondo, includendo l’Italia, le esigenze e le soggettività sono diverse e funzionano meglio altri strumenti associativi. Nel caso italiano. Come ha segnalato in un comunicato stampa il rappresentante del comparto vulnerabili di Rete ONU Aleramo Virgili, le priorità sono emersione e regolarizzazione, adattamento agli standard di qualità e tracciabilità richiesti dall’Unione Europea nelle catene di distribuzione, e riallocazione delle competenze e del lavoro in anelli di filiera che sono in via di strutturazione (ad esempio gli impianti di preparazione per il riutilizzo).  Allineatisi su una definizione di Waste Picker che include tutte le economie informali che partecipano al ciclo dei rifiuti (dalla raccolta alla vendita finale), sul tetto dell’hotel Lymack i delegati dell’Alleanza sono riusciti ad accordarsi su una specifica lista di istanze, tra le quali il Riconoscimento (del lavoro ecologico dei waste pickers, così come della loro condizione di vulnerabilità), la Registrazione (censimenti, mappature, albi), la Trasparenza, la Supervisione e l’Adattamento (ossia l’inclusione dei Waste Pickers in sistemi di tracciabilità e reportistica che, tra i loro fini, abbiano anche il monitoraggio del miglioramento delle loro condizioni economiche e di lavoro), la Partecipazione al Policy Making (per mezzo di comitati o forum stabiliti per iniziativa pubblica, considerato che la popolazione vulnerabile potrebbe non avere le qualità associative o organizzative per promuovere le proprie istanze con la stessa forza delle altre “lobbies” del settore rifiuti o del settore “non profit”).

La mattina di lunedì 13 novembre, forti del loro accreditamento ufficiale, gli esponenti dell’Alleanza sono entrati in blocco nel palazzo-giardino dell’UNEP a Nairobi e si sono piazzati lì a tempo pieno, per l’intera settimana, alternandosi tra tra le enormi sale dove gli esponenti dei governi si sedevano in circolo dietro i loro banchi microfonati e le riunioni tematiche che si svolgevano a ciclo continuo nelle salette del piano di sopra. Obiettivo: intercettare le delegazioni governative una per una e sensibilizzarle sulle istanze della popolazione vulnerabile. Per ben due volte i Waste Pickers, rappresentati dalla leader statunitense e da quella sudafricana, sono stati invitati a rilasciare delle dichiarazioni nell’Assemblea Plenaria dei governi. Nel frattempo, i ragazzi di WIEGO monitoravano passo passo l’evoluzione del dibattito e gli emendamenti che mano mano venivano aggiunti allo zero draft posto come punto di partenza del dibattito tra i governi. A sostenere in modo esplicito e deciso le istanze di inclusione ed emersione dei Waste Pickers sono stati soprattutto i governi del GRULAC (America Latina e Caraibi), che hanno voluto incontrare i Waste Pickers in varie occasioni e hanno mostrato il loro sostegno concreto facendosi portavoce delle loro istanze in tutte le riunioni intergovernative.

Martedì 14 la delegazione dei Waste Pickers, unica tra i gruppi non governativi presenti all’incontro, è stata direttamente ricevuta dalla Direttrice di UNEP Inger Andersen, che ha ascoltato con attenzione le istanze di tutti i delegati. In quell’occasione ho potuto farmi portavoce del grido di dolore dei Waste Pickers italiani ed europei, completamente ignorati dalla politica pubblica, e in particolare dagli enti locali, nonostante rappresentino assieme alle altre microimprese del riutilizzo il cuore pulsante della second-hand economy. Un’economia reale che ogni anno rimette in circolazione centinaia di migliaia di tonnellate di beni riusabili ogni anno e che rischia di trovarsi completamente fuori dagli standard imposti dall’Economia Circolare. A contribuire all’emarginazione è la pressione di quelle associazioni ed enti non profit che usano i loro rapporti politici con le PA locali per accaparrare risorse e privilegi per progetti di riutilizzo; questi ultimi nella maggior parte dei casi escludono l’economia popolare del riutilizzo e le fanno concorrenza sleale. Grazie a questi progetti i Comuni riescono a fare reuse washing e social washing, ossia a eludere la complessità della costruzione delle filiere mettendo invece in campo soluzioni facili, che permettono loro di mostrare che si stanno occupando di riutilizzo e di “sociale” nonostante qualità e risultati siano oggettivamente molto bassi.

Mercoledì 15 novembre i Waste Pickers sono stati gli assoluti protagonisti di un evento ospitato dall’Ambasciata del Brasile in Kenya; sotto il tendone bianco montato per l’occasione nel giardino della sede diplomatica erano presenti la maggior parte delle delegazioni GRULAC, alcune delegazioni africane ed asiatiche, quella statunitense e, per quanto riguarda l’Europa, quella belga e quella tedesca. A fare gli onori di casa è stato il leader dei Waste Pickers (“catadores de lixo”) brasiliani Severino Lima, che il governo brasiliano, in segno di riconoscimento, ha voluto includere nella propria delegazione governativa. Sabato 18, quando i lavori dell’ INC-3 erano quasi alla fine, il punto di vista dei Waste Pickers è stato portato ai rappresentanti di Unione Europea e Commissione Europea.




Date le manifestazioni di solidarietà ricevute da decine di governi, fino a domenica sera i Waste Pickers erano quasi certi di ottenere dall’INC-3 un qualche tipo di riconoscimento formale nel testo del trattato, a preludio di specifiche linee di indirizzo in favore della loro inclusione e coinvolgimento nelle future politiche di Economia Circolare. Ma le loro speranze, e le speranze di tutti coloro che speravano in concreti passi in avanti sul fronte della riduzione dell’inquinamento della plastica, sono state frustrate all’ultimo momento. All’ora di cena di domenica, a chiusura dell’INC-3, è arrivata la triste notizia dello stallo generale delle negoziazioni a causa dell’ irriducibile opposizione di una minoranza di “petrostati” i quali, nonostante riconoscano il livello di emergenza globale provocato dalla plastica, pongono invalicabili barriere preventive verso qualsiasi tentativo di discutere limitazione nella produzione, accettando di ragionare solo ed esclusivamente sulle politiche di circolarità. Il prossimo round della negoziazione intergovernativa è stato programmato ad aprile 2024 a Ottawa, in Canada. Rete ONU sarà presente.

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