Progetto europeo gEneSys, un consumo consapevole nella moda
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Progetto europeo gEneSys, un consumo consapevole nella moda

Martedì 27 Febbraio 2024
Eleonora Truzzi

Il progetto gEneSys (Transforming Gendered Interrelations of Power and Inequalities in Transition Pathways to Sustainable Energy Systems) è un’iniziativa finanziata dall’Unione Europea e gestita dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr che mira a studiare le relazioni di potere e le disuguaglianze di genere nelle transizioni verso sistemi energetici sostenibili.

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I consiglieri dell’UE hanno parlato di “transizione energetica equa e giusta”. Il progetto si basa sul concetto di ecosistema di innovazione socio-tecnica, che comprende diversi sottosistemi: tecnologico, politico, sociale, ambientale, di governance ed economico. Ogni sottosistema ha le proprie visioni, valori e priorità di sostenibilità, così come i propri attori e stakeholder del cambiamento, che possono influenzare anche gli altri sottosistemi.

Le più grandi ambizioni del progetto gEneSys sono raggiungere una migliore comprensione delle relazioni di potere di genere e contribuire a invertire le disuguaglianze socio-economiche e culturali.




Uno dei primi e principali ambiti su cui si concentra il progetto gEneSys è proprio quello del fast fashion, ovvero il modello di produzione e consumo di abbigliamento basato su cicli rapidi, alti volumi, prezzi bassi e scarsa durata.

Sopra tutto il settore della moda e degli accessori, spicca la fast fashion con il suo impatto ambientale negativo costituito dalla richiesta di continue risorse naturali e dalla produzione di emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico. Per contrastare il cambiamento climatico e limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, come raccomandato dall’Accordo di Parigi del 2015, è necessario ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e promuovere una transizione verso un’economia verde, basata su fonti di energia rinnovabile, efficienza energetica, mobilità sostenibile, agricoltura biologica e consumo responsabile.

Oltre al potente impatto ambientale, la fast fashion è associata a problemi sociali, come le condizioni di lavoro precarie e sfruttate dei lavoratori del settore, in particolare quelli che si occupano di materiali come il cotone e la pelle che richiedono una lavorazione intensiva.

È abbastanza semplice controllare quanto poco siano rispettati i diritti dei lavoratori nel settore moda. Attraverso il Fashion Checker, un’azione della Clean Clothes Campaign finanziata dall’UE per la moda sostenibile, è possibile scoprire se le persone che fabbricano i vestiti dei marchi che indossiamo tutti i giorni, oltre 60 milioni di lavoratori, vengono pagate abbastanza. Diventa così molto facile “smascherare” i brand che usano l’eticità e la sostenibilità solo come “power words” nelle loro campagne pubblicitarie.

Circa l’80% della forza lavoro nel settore della moda è femminile. E uno degli obiettivi del progetto gEneSys è proprio quello di integrare la prospettiva di genere nelle implementazioni degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) e promuovere una maggiore partecipazione delle donne nei processi e nei risultati verso la transizione energetica.

Possiamo parlare di transizione inclusiva nella moda, ossia di un processo di trasformazione del settore per renderlo più aperto, diverso e rispettoso delle esigenze e delle identità di tutte le persone. Si tratta di una sfida che coinvolge tutti gli attori della filiera, dai designer ai produttori, dai distributori ai consumatori, e che richiede una revisione dei modelli di business.




I risultati potrebbero essere massimizzati se ampliassimo lo sguardo e includessimo tutta un’altra serie di “soggetti deboli”, tra cui le microimprese che gestiscono negozi di usato in conto terzi e gli ambulanti informali che cercano di emergere. Questi soggetti, spesso trascurati anche a livello normativo, svolgono un ruolo cruciale nell'economia circolare, in quanto possono offrire ai consumatori prodotti di moda più accessibili ed etici, basati sul recupero dei capi usati. Inoltre, questi soggetti possono partecipare attivamente alla transizione energetica e alla creazione di valore aggiunto.

Il progetto europeo gEneSys propone, tra le altre cose, di applicare i principi dell’economia circolare alla moda, promuovendo pratiche di produzione e consumo più sostenibili e responsabili, di riduzione di sprechi nella moda, di inquinamento, consumo di energia e disuguaglianze di genere. L’attenzione alla moda sostenibile e l’acquisto di prodotti che durino più a lungo, favorito da tutti gli attori del settore del riuso, compaiono fra gli attuali trend di consumo sostenibile.

Alcuni esempi di innovazione sostenibile nella moda sono:

Tali pratiche devono far parte delle politiche ambientali della moda, insieme all’adozione di standard e certificazioni che garantiscano il rispetto dei criteri ambientali, sociali ed etici su tutta la filiera e la partecipazione a iniziative e coalizioni tra multistakeholder.

Tutto questo rientra all’interno delle strategie della moda verde, ovvero le iniziative e le soluzioni per rendere il settore della moda più sostenibile e rispettoso. La moda responsabile rispetta ambiente e società nella progettazione, produzione, distribuzione e nello smaltimento dei rifiuti. L’Unione Europea nel 2020 aveva già lanciato l’Action Plan, il piano che riguarda il settore tessile con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dell’industria della moda entro il 2030. Tuttavia, la strada per raggiungere una vera e propria etica nella moda dove siano più le persone che hanno beneficio di quelle che pagano un prezzo, richiede ancora molto lavoro.

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