"Modo di dire utilizzato per identificare tutte quelle persone che hanno meno degli altri e che si ritrovano ad affrontare i problemi e le sfide di ogni giorno, partendo già in svantaggio".
Il parallelismo risulta essere palesemente crudo e forse irrispettoso ma pensiamo che sia proprio così che si sentano, in questo periodo, gli imprenditori dell'usato.
Il riutilizzo è considerato uno dei pilastri portanti dello sviluppo dei prossimi anni e tutti possiamo apprezzare lo sforzo che molte aziende stanno facendo nei confronti della sostenibilità ambientale. Infatti essere sostenibili, rappresenta in questo momento un trend assoluto: qualsiasi cosa oggi venga proposta, deve essere sorretta da un piano di sostenibilità concreto e in mancanza di questo, si tende a ricorrere ai ripari mettendo in campo azioni "tappabuchi" come banalmente l'interramento di alberi in giro per il mondo. Questo, a colmare quella necessità che sentiamo di essere in qualche modo più "verdi" facendo però riflettere su cosa sia veramente la sostenibilità ambientale.
Tutto questo è sicuramente merito di un parlamento europeo che spinge molto sulla green economy e sull'economia circolare. Proprio pochi giorni fa infatti, il Parlamento italiano ha approvato un pacchetto di leggi a favore dell'economia circolare dove sulla carta, chi opera nel mondo del riutilizzo e della prevenzione dei rifiuti - come gli imprenditori dell'usato - vive in un mondo di continui apprezzamenti e di sostegno economico.
Sulla carta.
Gli operatori dell'usato non esistono e vengono sempre dimenticati
In un mercato che secondo Doxa vale 24 miliardi di euro l'anno (ovvero l'1,3% del prodotto interno lordo) e dove l'80% è rappresentato da operatori informali (dove l'erario non becca un Euro), per gli operatori professionali si può parlare di una vera e propria penalizzazione: chi lavora in questo settore paga INPS, Iva al 22% e Ta.Ri.!
A dimostranza di questa poca considerazione, il DCPM di novembre ha obbligato la chiusura nelle zone rosse delle attività di vendita al dettaglio interessando anche i mercatini dell'usato in quanto, secondo le varie Prefettura, rientrano proprio in questa categoria. Successivamente, con il Decreto Ristoro, i mercatini dell'usato sono stati nuovamente ignorati: non è previsto in effetti, nemmeno un Euro per il loro sostegno! Rete Onu ha diramato in queste ore un comunicato stampa volto a dar voce proprio a questa categoria dalle chiare ed evidenti esigenze.
Questo comportamento da parte delle nostre care istituzioni è però sistematico. Le proposte di legge a sostegno del settore usato non vengono portate avanti: le leggi C. 978, C. 56, C. 1065 e C. 1224 sono inspiegabilmente ancora ferme presso le Commissioni VIII Ambiente e X Attività Produttive da marzo del 2019, quando era stato audito a sostegno della proposta anche Alessandro Giuliani, presidente di Mercatopoli, Baby Bazar e NIU.eco, tre importanti network di imprenditori dell'usato.
A questo si aggiunge anche una lotta senza quartiere con le amministrazioni comunali per ottenere un inquadramento della tariffa sui rifiuti che sia a norma di legge per i mercatini dell'usato.
È proprio così! I Comuni approfittano della loro posizione dominante per disattendere sentenze di tribunali di commissioni tributarie regionali arroccandosi sulla propria posizione con l'obiettivo di fare cassa, tassando delle attività che attuano la prevenzione dei rifiuti come fossero attività commerciali.
E lo ripetiamo: lo fanno ignorando alcune sentenze da parte dei tribunali.
Ci chiediamo cosa debba succedere perché chi opera in questo importante mercato, non solo venga ascoltato ma venga sostenuto come le leggi prevedono e soprattutto venga considerato in un'ottica di sviluppo e di approccio sostenibile dei nostri consumi!
Vogliamo essere persone ottimiste e dietro a tutto questo, non vogliamo per forza leggere un progetto mirato all'affossamento della categoria e all'appoggio esclusivo di operazioni di greenwashing perpetrate a danno di tutti i cittadini e soprattutto a danno dell'ambiente in cui viviamo.
Vorremmo intanto solo ricevere un segnale, anche flebile, di consapevolezza che il nostro settore possa essere considerato sempre e non solo quando l'erario vuole fare cassa.