RAEE: la quota di recupero è sconosciuta
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RAEE: la quota di recupero è sconosciuta

Mercoledì 05 Aprile 2023

Redazionale

La disponibilità delle risorse naturali è al centro dell’attenzione mondiale perché condiziona lo sviluppo tecnologico, l’offerta di prodotti e la qualità della vita così come la conosciamo. E’ noto a tutti l’impatto sul mercato dell’auto. La gestione dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) è affidata a un sistema complesso fatto di persone, aziende specializzate e sistemi collettivi capaci di recuperare risorse naturali diventate rifiuti e trasformarle in materie prime seconde che possono essere acquistate per produrre nuovi beni. E’ il sistema delle “economie circolari” che crea crescita economica e sociale e contribuisce allo sviluppo di nuove abitudini di consumo per proteggere l’ambiente. Ma nell’ultimo rapporto del Centro di Coordinamento RAEE (CDC RAEE), che è l’organo di coordinamento dei consorzi di produttori che si dedicano al recupero di questi rifiuti, emerge un dato molto preoccupante: in Italia nel 2022 la raccolta di RAEE operata consorzi si è fermata a 361.000 tonnellate, calando di un 6,2% rispetto ai livelli del 2021. Cosa sta succedendo? Come mai questa marcia indietro?

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Abbiamo chiesto al Direttore di Ecoped e Ridomus Giuliano Maddalena di spiegarci il fenomeno. Ecoped e Ridomus sono due consorzi di produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, entrambi membri fondatori del CDC RAEE.

Con poco più di 360 mila ton raccolte dal Centro di Coordinamento, ne mancano all’appello almeno altrettante, per centrare gli obiettivi di raccolta europei. Una cosa è certa: non si tratta di RAEE abbandonati e non raccolti, se fosse così ne saremmo invasi, li vedremmo ovunque. Il calo della quantità rendicontata dal centro di coordinamento è dovuto a molteplici fattori; certamente alcuni piccoli RAEE si perdono nella raccolta indifferenziata o giacciono nei nostri cassetti; ma sono tantissimi quelli che sfuggono ai sistemi di conteggio adottati dai produttori. Se il livello è sceso del 6% non è di certo perché le filiere gestite dai produttori non sono efficienti. Significa semplicemente che la quota di riciclo sconosciuta è aumentata: da un lato perché un numero maggiore di Comuni, evidentemente, ha scelto filiere che non rendicontano i dati di riciclo al CDC RAEE; dall’altro lato perché la cannibalizzazione di componenti di valore, prima dell’intervento dei consorzi dei produttori, fa perdere peso e risorse preziose. L’unica cosa che aumenta è l’inquinamento legato alla cannibalizzazione.

“Come illustrato dal Comandante dei Carabinieri Ferla alla Commissione Bicamerale Ecomafie, e come risulta anche dall’inchiesta realizzata da Greenpeace nel 2018, il problema dei flussi paralleli è molto grave. Gli illeciti sono compiuti sia da operatori informali che agiscono per la loro sussistenza che da imprese formali che ottengono illeciti profitti compiendo delitti ambientali. Esiste, tra le altre cose, un imponente traffico internazionale di rifiuti.

La cannibalizzazione riguarda soprattutto parti di valore come, per esempio, i compressori dei frigoriferi e dei condizionatori, l’assenza dei quali fa calare di circa il 15%-20% il peso dei rifiuti trattati. Oppure ancora i motori di lavatrici, le parti in rame dei TV CRT, computer ed altri RAEE che sono vere e proprie miniere urbane. Vanno quindi trovate soluzioni concrete per disinnescare il meccanismo una volta per tutte. La responsabilità è individuabile solo in alcuni soggetti, ma a risentire del problema è l’intera filiera. Mancano all’appello anche i RAEE gestiti dalle imprese che operano fuori dalle filiere dei produttori. In un sistema all actors come quello vigente, ognuno degli 8000 Comuni italiani, così come i punti vendita e gli installatori, hanno la possibilità di destinare i RAEE a chi preferiscono. E a volte, purtroppo, a essere maggiormente competitive sono le filiere meno controllate: quelle meno preferibili sul piano ambientale e della legalità, quelle che sono in grado di offrire più denaro perché, praticando l’illecito, fanno più profitti. Sono documentabili i casi di cassoni di RAEE gestiti come semplici rottami ferrosi.

Le filiere dei produttori normalmente adottano standard di tracciabilità superiori e sono maggiormente controllate. Ecoped, in particolare, ha sviluppato uno strumento di controllo chiamato Ecoguard®, basato su minuziosi e sistematici controlli su ogni singolo ritiro di rifiuti, compiuti sommando la potenza dei sistemi informativi di tracciabilità all’accuratezza del lavoro umano. I nostri protocolli impegnano annualmente oltre 1.300 giornate uomo di controlli in campo e documentali.




Di fronte alle gravi disfunzionalità generate dalle filiere meno controllate, la risposta più ovvia e semplice potrebbe essere quella di aumentare prerogative e perimetro di intervento dei consorzi dei produttori. Ma noi, che siamo convinti sostenitori del libero mercato, facciamo una proposta diversa. Non proponiamo di incrementare il potere dei produttori sulle filiere e sul mercato, ma solo di far sì che tutti i player lavorino a partire dagli stessi standard di controllo e qualità. Perché questo sia possibile è indispensabile l’implementazione di un idoneo apparato sanzionatorio. E sarebbe più che opportuna, non solo sulle filiere dei produttori ma su ogni tipo di filiera, l’applicazione generalizzata di modelli di controllo come Ecoguard® o altri strumenti di controllo con caratteristiche equivalenti. Nel 2021 l’adozione di modelli come Ecoguard® è stata raccomandata anche dal Ministero per la Transizione Ecologica. In presenza di queste specifiche misure potremmo transitare dall’attuale situazione di mercato selvaggio e nascosto a uno scenario più sano e funzionale, ossia a un libero mercato dove tutti i player competano sul terreno della qualità, dell’ecologia e della trasparenza, e dove non ci sia più spazio per flussi sconosciuti. Un sistema in cui tutti quelli che operano sui RAEE li rendicontino in modo trasparente garantendo il corretto riciclo.

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