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EPR o responsabilità estesa del produttore: cos'è?

Lunedì 20 Aprile 2020

In base al principio che chi inquina paga, gli Stati dell'Unione, ormai da vent'anni, fondano le loro politiche di raccolta differenziata sul coinvolgimento finanziario e organizzativo dei produttori e distributori, senza quindi lasciare tutto l'onere ai cittadini/consumatori che pagano la tariffa rifiuti. La direttiva europea 2008/98 rafforza questo principio e la direttiva europea 851/18 (pacchetto dell'economia circolare) stabilisce che la responsabilità estesa del produttore debba essere estesa anche ai beni durevoli. I produttori, secondo l'ultima direttiva, possono finanziare ed eventualmente anche organizzare le filiere del recupero, per favorire la riduzione dei rifiuti e il riciclo dei materiali.

economia circolare

EPR: quali sono gli obiettivi

I modi di applicazione dei regimi di responsabilità estesa del produttore possono variare da uno Stato membro all'altro, per cui si rende necessario definire i requisiti minimi di funzionamento. Per questa ragione, in Italia è in fase di preparazione uno schema di recepimento della direttiva, in seguito al quale verranno pubblicati decreti ministeriali con l'obiettivo di:

  • definire i ruoli e le responsabilità;
  • definire gli obiettivi di gestione dei rifiuti, volti a conseguire almeno gli obiettivi quantitativi rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore;
  • istituire la presenza di un sistema per raccogliere dati sui prodotti immessi sul mercato, sulla raccolta e sul trattamento di rifiuti risultanti da tali prodotti;
  • stabilire i contributi finanziari, garantendo un trattamento equo dei produttori in modo proporzionale.

 

Qual è la situazione attuale dell'Economia Circolare in Italia?

L'economia circolare è composta da due momenti diversi:

  • riciclo
  • riutilizzo

Ogni ambito ha un produttore e ogni accordo sull'EPR va preso con il produttore stesso, il quale ha più responsabilità sul prodotto e sulla fase del riciclo, ma meno su quella del riutilizzo. In Italia i settori nei quali sono stati emanati dei decreti sono ancora pochi, perché l'economia circolare come vero e proprio sistema non esiste.

Abbiamo discusso a proposito di questo argomento con Karina Bolin, presidente della Onlus HUMANA People to People Italia. Secondo Karina, l'economia circolare è un sistema che deve essere sviluppato a livello societario e in Europa non tutti gli stati si sono adeguati nello stesso modo. Per quanto riguarda il riciclo, non possediamo ancora le capacità per valutare se un materiale è completamente riciclabile o riutilizzabile e non sono ancora stati individuati esperti che siano in grado di identificare la composizione di tutti i materiali durante queste fasi. Inoltre, per poter riutilizzare e riciclare, sono necessarie precise regole che ancora oggi non sono state definite.

Karina sostiene che, per far funzionare realmente l'economia circolare, sia necessaria una logica nuova dove il legislatore stabilisca regole precise, ogni aspetto venga approfondito e gli esperti possano fornire il proprio contributo. Nel cambio di mindset è fondamentale anche dare spazio al settore del riutilizzo che rappresenta la fetta più importante. Ma questo processo deve essere gestito già a monte, valutando quali opportunità si presentano sia di riciclo che di riutilizzo. Inoltre, tutto ciò dovrebbe essere fatto indipendentemente dal produttore, il quale dovrebbe essere incentivato ad utilizzare materiali di riciclo. Oggigiorno, purtroppo, si ricicla ancora in quegli ambiti nei quali prevale l'interesse economico, invece dovrebbero esistere enti il cui interesse comune sia la sostenibilità.




Operatori dell'usato: il punto sulle richieste

Affinché gli operatori dell'usato possano proseguire in modo proficuo le loro attività e per evitare conflitti di interesse in seno ai produttori stessi, è necessario che vengano accolte le proposte portate da Rete ONU ai legislatori e al Ministero dell'Ambiente. I punti chiave sono:

  • La richiesta che i produttori si facciano carico solo finanziariamente e non organizzativamente, della gestione di raccolta, recupero e smaltimento dei materiali / beni, lasciando la gestione organizzativa degli stessi agli operatori del riutilizzo (come già ora avviene).
  • Definire gli ambiti di applicazione della reverse logistic, il processo per cui i beni usati vengono recuperati dal produttore / distributore per riguadagnare da ciò che ha esaurito il suo primo ciclo di utilizzo. Questo meccanismo deve essere sporadico e di accordo tra distributori e produttori dell'usato, per non diventare il modello di riferimento delle EPR, con la conseguenza di consegnare la maggior parte dei beni usati a produttori e distributori in filiere di usato monomerce.
  • I proventi delle EPR devono contribuire a sostenere la filiera del riutilizzo, con l'istituzione di un contributo economico agli operatori dell'usato, in base a criteri oggettivi (es: per ogni kg di materiale riutilizzato).
  • Impedire alle aziende di igiene urbana la cessione a pagamento della frazione riutilizzabile di beni/rifiuti




E' quindi fondamentale che gli operatori dell'usato abbiano un ruolo da protagonisti negli organismi deputati alle decisioni sulla EPR dei beni durevoli, possibilmente in un Tavolo istituzionale permanente come quello proposto dalla Pdl 1065, una proposta di legge che, insieme alle Pdl 56, 978 e 1224, è stata ispirata da Rete ONU con l'obiettivo di riordinare il settore dell'usato.

Se, grazie al Tavolo, ogni conflitto d'interesse dei produttori sarà neutralizzato, i contributi frutto della responsabilità estesa del produttore diventeranno un elemento fondamentale per la sostenibilità e la prosperità dell'economia degli operatori dell'usato.

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