L’Economia del riuso per chiudere il cerchio
La più grande fiera italiana del settore rifiuti, Ecomondo, anche quest’anno si è tenuta a Rimini nei primi giorni di novembre. Oltre 1600 espositori su una superfice di 166.000 metri quadrati, quasi 100.000 visitatori e alcune decine di congressi e conferenze ogni giorno. “Il Riutilizzo, pur essendo in cima alla gerarchia dei rifiuti indicata dalla norma ambientale, di sicuro non era al centro dell’evento”, commenta il patron di Leotron Alessandro Giuliani “, ma va comunque rilevato che, anno dopo anno, se ne parla sempre di più”.
Martedì 5 novembre Erion ha organizzato presso il proprio stand una conferenza intitolata “Second hand, riparazione, riutilizzo: l’economia del riuso per chiudere il cerchio”. Oltre al Presidente di Erion Andrea Fluttero, è stata data voce ad Alessandro Giuliani di Leotron, casa franchising che gestisce un circuito di alcune centinaia di negozi dell’usato conto terzi, a Giuseppe Finocchiaro della cooperativa milanese Vesti Solidale, dedita alla raccolta di vestiti usati nei contenitori stradali, a Michele Sartori della cooperativa vicentina Insieme, che oltre a raccogliere abiti nei contenitori stradali gestisce un impianto di preparazione per il riutilizzo e alcuni negozi locali dell’usato. Tra i relatori c’era anche Andrei Alardov, titolare dell’azienda piemontese Clore: uno dei più grandi “stocchisti” italiani dell’abbigliamento invenduto. I relatori non si sono limitati a presentare alla platea le loro attività, ma hanno anche commentato lo stato dell’arte della politica ambientale e del mercato. “Mediamente, in Italia, un negozio dell’usato conto terzi dell’usato destina a una seconda vita oltre 100 tonnellate di beni, garantendo un volume di riutilizzo nazionale che supera le 230.000 tonnellate ogni anno”, ha riferito Giuliani. “Per i soli capi di abbigliamento, escluse scarpe e borse, abbiamo un potenziale di intercettazione di almeno 60.000 tonnellate annue. Eppure, la politica pubblica continua ad ignorarci. Da oltre 10 anni riscuotono una grande visibilità le piattaforme online di scambio tra privati, e questa è di per sé una cosa buona perché grazie a queste iniziative l’usato è diventato mainstream; bisogna comunque tener conto che queste piattaforme non si basano su un modello imprenditoriale: generano ogni anno parecchi milioni di perdite e continuano a funzionare solo perché ricevono ogni anno ingentissime risorse dai fondi di investimento internazionale. Questa bolla prima o poi scoppierà. In Cina, dove il settore dell’usato online è più sviluppato, le piattaforme stanno già virando verso modelli offline, aprendo grandi magazzini dove gli avventori possono toccare e vedere gli oggetti in prima persona. Probabilmente in un prossimo futuro andranno affermandosi modelli ibridi tra offline e online, dove le foto degli oggetti in rete avranno soprattutto una funzione di vetrina, ma gli acquisti veri e proprio avverranno in modo presenziale”.
Secondo il Presidente di Erion Fluttero l’approccio al Riutilizzo “non deve essere più naif “. Per raggiungere i risultati ambientali serve “un’impostazione di tipo industriale, a partire dalla progettazione del prodotto”. Il Riutilizzo sarà parte integrante degli obiettivi della responsabilità estesa del produttore, un sistema che obbliga chi immette prodotti nuovi sul mercato a far pagare al consumatore, dentro il prezzo del prodotto, un contributo ambientale destinato a sostenere il recupero dei beni a fine vita. “Tale contributo” sostiene Fluttero “dovrà integrare anche le passività legate alla gestione del recupero e smaltimento dei rifiuti, e va sfatata l’idea che il rifiuto è oro”. Di fatti quando si punta al massimo recupero e non solo alla valorizzazione delle frazioni di qualità più alta, le gestioni sono quasi sempre in passivo.
Michele Sartori della cooperativa Insieme ha sottolineato che, su scala industriale, mille tonnellate di riutilizzo possono generare 35 posti di lavoro. A parità di volume il riciclaggio può garantire al massimo 10 posti di lavoro, mentre la cosiddetta termovalorizzazione solo un posto di lavoro: un motivo in più per rispettare la gerarchia dei rifiuti e dare priorità al riutilizzo. Secondo Sartori il modello ideale non è fondato sull’esportazione, ma su impianti di preparazione per il riutilizzo che riforniscano reti di negozi locali. In merito alla responsabilità estesa del produttore, Giuseppe Finocchiaro di Vesti Solidale afferma che l’iniziativa dei capitali privati è utile ma non basta: il riutilizzo funzionerà al massimo regime solo armonizzando tutte le forze in campo, a partire dagli operatori del riutilizzo. Giuliani è della stessa opinione: “gli operatori dell’usato dovrebbero partecipare alle filiere della responsabilità estesa del produttore, e sedersi ai tavoli dove le politiche vengono definite. Vanno però costruite filiere trasparenti, con operatori selezionati ed articolazione internazionale laddove la domanda locale di usato non basti ad assorbire l’offerta di riutilizzo”.