Economia Circolare e Riutilizzo devono essere incentivati
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Economia Circolare e Riutilizzo devono essere incentivati

Mercoledì 10 Giugno 2020
Eleonora Truzzi

IL DPCM datato 17 maggio 2020 che recava le disposizioni per la gestione della Fase 2 a seguito della pandemia da COVID-19 ha sollevato forti problematiche per quanto riguarda il settore del riutilizzo. Le Linee Guida della Conferenza delle Regioni e delle Province avevano previsto una competenza in capo ai Comuni circa la sospensione della vendita di usato nelle aree pubbliche. Questa libertà ha fatto sì che i Comuni fraintendessero quanto disposto dalla normativa, vietando talvolta la riapertura dei negozi dell'usato nei territori di competenza.

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Un falso mito da sfatare

Questa posizione presa da diversi Comuni ha posto in seria difficoltà economica alcuni commercianti che, per una disposizione del proprio territorio, non hanno potuto riaprire le saracinesche all'inizio della cosiddetta Fase 2. Questa è stato un ulteriore gravame da sostenere dopo il lungo lockdown durato più di due mesi che aveva già messo in ginocchio imprenditori e commercianti.

Ma i negozi dell'usato rappresentano davvero la minaccia che molti credono? Il Presidente di Rete ONU, Alessandro Stillo, ha preso una posizione su questo argomento chiarendo quale sia la realtà dei fatti. In un comunicato stampa ha affermato che:

"Perché gli standard siano perfettamente allineati, Rete ONU ha prodotto Linee Guida per i dettaglianti dell'Usato che illustrano le misure di precauzione adattandole alla specifica realtà operativa".

E, oltre alla specificità della linea operativa assunta, affronta anche il falso mito più diffuso sul settore del riutilizzo:

"L'Usato quando viene dalle cantine, è in giacenza da mesi o da anni e viene toccato da meno persone rispetto alle merci nuove. L'abbigliamento usato è sottoposto a certificabili procedure di igienizzazione. Nel caso di scambio di intermediazione tra cittadini, per arrivare a protezione totale è sufficiente applicare efficaci procedure di igiene in loco. Non c'è alcun pericolo sanitario".

Con quest'ultima frase chiarisce in modo inequivocabile la sicurezza di questo settore che in Italia si occupa di reinserire nell'economia 500.000 tonnellate all'anno di beni che, diversamente, diventerebbero dei rifiuti in grado di danneggiare la salute del pianeta e di tutti i suoi abitanti.




I reali interessi dietro alla lotta contro l'economia circolare e il riutilizzo

Se i negozi dell'usato prevedono gli standard di sicurezza richiesti e, addirittura, più di quelli seguiti per la vendita di prodotti nuovi, è chiaro che alle spalle di determinate decisioni non vi siano reali valutazioni sanitarie.

Ma piuttosto, come asserito anche da Stillo, "pressioni indebite da parte di gruppi specifici del commercio ambulante che, facendo fuori l'usato, pensano di accaparrarsi posteggi lasciati liberi per poi posizionare le loro merci nuove".

In conseguenza di ciò, i Comuni non dovrebbero assecondare questi interessi economici quanto effettuare dei reali controlli per verificare le attività commerciali sotto un punto di vista sanitario.




Il contributo di Rete ONU all'economia circolare e al riutilizzo

Rete ONU, la Rete Nazionale Operatori dell'Usato, è l'Associazione che si è assunta il compito di rappresentare questo settore spesso discriminato ingiustamente di fronte alle Istituzioni.

Alessandro Stillo ha annunciato che Rete ONU "ha diffuso tra gli operatori dell'usato lettere standard che possono inviare ai loro Comuni di riferimento per affermare i loro diritti e ripristinare la legalità".

Questa è la forza della coesione in un settore che dovrebbe essere incentivato, dato il grande apporto che fornisce all'economia generale del Paese, e non bistrattato per il beneficio di pochi.

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