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Tessile: i dati dell'Europa non sono affidabili

Giovedì 28 Settembre 2023

Redazione Leotron

In Italia l’Unione Europea, per credenza popolare consolidata, è spesso considerata sinonimo di serietà, progressismo e buongoverno. Alla stregua di un archetipo platonico viene segnalata come una “stella polare” da seguire sempre e comunque, quasi incondizionalmente, per salvarci dal malaffare nostrano così come dall’incapacità congenita dei nostri governanti.

Ma l’Europa è realmente affidabile?

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Per quanto riguarda la riforma per l’Economia Circolare del tessile porre qualche dubbio è legittimo. Lo scorso 5 luglio la Commissione Europea ha formalizzato una proposta di modifica alla direttiva quadro dei rifiuti che include, tra le altre cose, una riforma del sistema produttivo tessile in ottica circolare, l’introduzione obbligatoria di regimi di responsabilità estesa del produttore dei rifiuti tessili e regole per la gestione dei flussi di abiti usati e rifiuti tessili. "Se siamo soddisfatti di come il tema del recupero tessile sia al centro del dibattito europeo non possiamo però non essere preoccupati del fatto che il settore del recupero tessile italiano e degli altri paesi Ue sia sottostimato e conosciuto solo superficialmente dalle istituzioni europee", aveva dichiarato a giugno il Presidente di Rete ONU Alessandro Stillo commentando il report della Commissione Europea 'Transition pathway for the Textiles Ecosystem' pubblicato nel mese di giugno dalla Commissione Europea. "Siamo perplessi sull'affermazione contenuta nel report” aveva detto Stillo “in cui si dice che la filiera del tessile sia quasi unicamente nelle mani dell'economia sociale, mentre questo non è vero, perché nel recupero e riutilizzo del tessile operano soprattutto piccole imprese, medie imprese e microimprese”. “Affermare in un report che a dominare il settore sono le imprese sociali è fuorviante e può portare di conseguenza a politiche che non tengono minimamente in conto tutto il resto della filiera del recupero del rifiuto tessile" gli aveva fatto eco il portavoce nazionale degli operatori dell’usato Alessandro Giuliani. Una decina di giorni dopo le dichiarazioni dei rappresentanti italiani del settore dell’usato, è stata pubblicata, come essi si aspettavano, una proposta di riforma del tessile che include (ingiustificatamente) agevolazioni e privilegi riservati esclusivamente alle imprese sociali. A commento di questo fatto lo scorso luglio l’imprenditore Luca Cesaro aveva sottolineato nel nostro blog che “nel settore dei rifiuti tessili l'illecito, e il caso italiano purtroppo lo dimostra, è spesso generato proprio da quelle filiere dove il primo anello, ossia il raccoglitore, non viene mai messo in discussione e svolge il proprio servizio come si trattasse di un diritto”. “Il fatto che sia la Commissione Europea stessa a voler imporre questa anomalia è a dir poco molto grave”, aveva commentato Cesaro. “La spiegazione di questo atteggiamento? Va ricercata nei meccanismi lobbistici, e nella capacità (o non capacità) della Commissione di distinguere tra la realtà delle cose e il livello di presenzialismo dei soggetti particolari”.




DA DOVE VENGONO I DATI?

Se, come afferma Luca Cesaro, la percezione distorta della Commissione Europea deriva dal presenzialismo a Bruxelles di gruppi lobbistici particolari, c’è da chiedersi come mai, nonostante i milioni di euro destinati ogni anno dalla Commissione a progetti e ricerche ambientali, non siano state compiute ricerche di campo finalizzate ad ottenere una visione neutrale e veritiera dell’universo dei recuperatori tessili, così come del funzionamento generale del settore dei rifiuti tessili. A porsi questa domanda, più o meno negli stessi termini, è stato Lutz Walter: volto molto noto a Bruxelles e dintorni per i suoi ruoli prestigiosi in Euratex, l’associazione di categoria europea dei produttori tessili, e in quanto segretario generale dell’European Technology Platform for the Future of Textiles and Clothing. In un suo articolo pubblicato su linkedin, Walter ha definito la proposta della Commissione dello scorso 5 luglio “una politica affrettata basata su una scarsa comprensione della realtà”. Le misure proposte dalla Commissione avranno effetti positivi? “Nessuno lo sa” afferma Walter “e chi dice di sapere basa la sua visione su postulati e congetture che non sono stati verificati”. In un’analisi impietosa del memorandum posto in premessa alla proposta della Commissione, Walter smonta i dati chiave e la metodologia stessa delle ricerche fatte, e critica in particolare la poca solidità delle fonti. “Come mai non sono state compiute ricerche veramente solide, in giro per l’Europa, per offrire maggiore chiarezza sul reale livello di consumo dei prodotti tessili, così come sulla produzione e gestione dei rifiuti, ed estrapolare trend e politiche basati su un’autentica conoscenza dei fatti?” Riferendosi al memorandum di luglio e ai documenti tematici pubblicati precedentemente dalla Commissione, Walter sottolinea che “la maggior parte di ciò che il JRC o l’EEA (gli enti incaricati delle ricerche, ndr) hanno pubblicato finora si basa su ricerche documentali integrate con alcuni approfondimenti aneddotici di settore o di mercato oppure estrapolati da alcuni piccoli campioni di dati relativi alla raccolta dei rifiuti”.

Di fronte a una situazione del genere, il futuro del settore tessile europeo rimane una grossa incognita.

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