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Recupero abiti usati: gli operatori incontrano il Ministero

Venerdì 19 Settembre 2025

Lo scorso 11 settembre gli operatori italiani del recupero tessile hanno partecipato a un importante incontro di concertazione presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), a Roma. Il tema centrale era la crisi economica della raccolta e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti tessili, ossia del settore che consente ogni anno ai milioni di abiti usati conferiti dai cittadini nei contenitori gialli di trovare i loro canali commerciali di seconda mano. La riunione è stata convocata dal Ministero a fronte di una specifica richiesta delle associazioni di categoria dei raccoglitori e preparatori per il riutilizzo, e tra i partecipanti c’era anche Assorecuperi, l’associazione affiliata a Confcommercio della quale fa parte Rete ONU, l’associazione di riferimento degli operatori dell’usato. Obiettivo: impedire il collasso delle raccolte differenziate tessili, che fino a oggi si sono sostenute grazie alla vendita degli abiti riutilizzabili ai canali della seconda mano africani, italiani e dell’Europa orientale.

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Le ragioni della crisi

I motivi della situazione di emergenza sono molti: i costi di gestione sono saliti, il prezzo per smaltire la frazione non riutilizzabile o riciclabile è alle stelle, e a fronte di una crescita smisurata dei rifiuti fast-fashion che sono impossibili da recuperare ma incidono sul costo di raccolta e trattamento. Inoltre, il mercato dell’usato internazionale soffre della concorrenza delle esportazioni cinesi, e i canali di riciclo indiani e pakistani non pagano più. Di conseguenza quest’estate, in diverse località italiane tra cui Roma, gli operatori della raccolta hanno interrotto il servizio pubblico di svuotamento dei contenitori gialli. Servizio che, tradizionalmente, svolgono senza essere pagati visto che il costo del loro lavoro è coperto dalla rivendita degli abiti di seconda mano. In molti casi, addirittura, sono gli operatori a pagare i Comuni per ottenere l’autorizzazione a raccogliere. Ora però i loro margini economici non solo non consentono di pagare i Comuni, ma non sono neanche sufficienti a coprire i costi operativi. A dimostrarlo è stato un accurato report di costi e ricavi preparato dalle associazioni di recuperatori Assorecuperi, Aniu, Ariu e Retess.

La crisi non è solo italiana: tutti gli operatori del recupero europei sono all’orlo del collasso, e in Germania alcuni big player hanno già dichiarato fallimento.




Le proposte in campo

Nella riunione dell’11 settembre, oltre alle associazioni italiane dei recuperatori e al Direttore Generale del Ministero Laura d’Aprile, tra gli altri, c’erano anche i consorzi di produttori (che prenderanno in carico l’organizzazione delle filiere quando subentrerà la responsabilità estesa del produttore), l’ANCI (associazione dei Comuni italiani) e le aziende di igiene urbana rappresentate da Utilitalia (che sono poi le titolari dei contratti di raccolta comunale con gli operatori).

Daniele Di Stefano, giornalista di Economiacircolare.com, ha scritto un efficace riassunto su come è andato l’incontro, e ha concesso a Leotron di sintetizzarne il contenuto riportandone alcuni estratti. “

Un sollecito ufficiale alle stazioni appaltanti per prendere in considerazione la ricontrattazione degli accordi per la raccolta e gestione dei rifiuti tessili urbani. E poi, auspicabilmente, un contributo in finanziaria per sostenere la filiera”.

In esame ci sono proposte di medio-lungo termine, ma anche proposte emergenziali, dato che il collasso del settore è già in corso. “Le soluzioni proposte”, scrive Di Stefano, “dovranno anche avere un respiro tale da consentire di traguardare al 2028, quando – come sappiamo ormai con certezza dall’approvazione anche al Parlamento UE delle modifiche alla direttiva quadro sui rifiuti – dovrà essere in vigore il sistema di responsabilità estesa del produttore (EPR) anche per i rifiuti tessili (“nuovi schemi di responsabilità del produttore […] dovranno essere istituiti da ogni Stato membro, entro 30 mesi dall’entrata in vigore della direttiva”, che dopo la firma di entrambi i colegislatori sarà a breve pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea)”.

Con il subentro della responsabilità estesa del produttore, saranno i consorzi dei produttori a farsi carico delle eventuali perdite date dalle crisi di mercato. Ma prima che questo accada, gli operatori della raccolta e del recupero devono sopravvivere, e uno dei modi perché questo accada è ricontrattare in forma immediata i contratti con le stazioni appaltanti che concedono l’autorizzazione a raccogliere. Si è parlato di una circolare da mandare a tutti i Comuni, chiedendo che gli operatori vengano pagati un quid per il servizio di raccolta, pur mantenendo la proprietà degli abiti raccolti.

“Ovviamente la forma più immediata di sollievo sarebbe la concessione di fondi agli attori della filiera che soffrono le mutate condizioni del mercato”, specifica Di Stefano. “Ma questa soluzione immediata non può esserlo, viste le dinamiche della cosa pubblica. E vista la riluttanza dei Comuni ad aumentare la tassa sui rifiuti. Tanto che durante la riunione le proposte arrivate dai partecipanti hanno puntato ad uno stanziamento di fondi nella prossima legge di bilancio. Nel caso i fondi arrivassero, si tratterà poi di vedere a vantaggio di chi andranno stanziati”.

Accelerare il più possibile l’introduzione dell’EPR potrebbe essere un’altra strada. Di Stefano ha intervistato Mauro Chezzi, Vicedirettore Confindustria moda e referente associativo del Consorzio retex.green. “Se avessimo avuto un EPR in vigore, come in Francia e in Olanda, oggi avremmo potuto gestire il problema” afferma Chezzi. “Una veloce approvazione dell’EPR consentirebbe di costruire una corsia preferenziale per il sostegno agli operatori in difficoltà. Invece di prender i fondi dalla fiscalità generale e distribuirli a pioggia è importante che ci sia l’obbligo immediato per i produttori di entrare nei consorzi e pagare l’eco contributo, tramite il quale i consorzi faranno arrivare le risorse che servono ai raccoglitori. Ma con un sistema che, ed è questo il valore aggiunto, diventa trasparente e tracciabile, cosa che attualmente non è. Se dai più soldi al sistema così com’è, il sistema non migliora”.

“È emersa una guerra tra poveri” dice Chezzi. “La crisi interessa tutta Europa, ma dove c’è un sistema di responsabilità estesa del produttore, come in Francia e Olanda, ci sono già stati degli interventi per supportare la raccolta” … e questi aiuti stanno sbilanciando il mercato, peggiorando ulteriormente la condizione degli operatori italiani. “Gli operatori esteri sostenuti dall’EPR cercano nuovi mercati di sbocco e vengono a vendere in Italia nei canali del second hand: a prezzi più bassi rispetto a chi non ha l’EPR, e che quindi ha i costi più alti. Così i nostri operatori sono spiazzati rispetto ai raccoglitori e agli operatori che hanno un minimo di struttura EPR alle spalle”.

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