Prevenzione e riutilizzo, l’Europa fa il punto
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Prevenzione e riutilizzo, l’Europa fa il punto

Martedì 01 Marzo 2022

Redazionale

A febbraio l’Ufficio Europeo Ambiente ha diffuso un rapporto intitolato “Progress towards preventing waste in Europe — the case of textile waste prevention” (se vuoi leggere la versione integrale scarica il pdf a questo link: https://www.eea.europa.eu/publications/progressing-towards-waste-prevention-in) . Nonostante il focus sia evidentemente sulla frazione tessile, circa metà del rapporto è dedicato al tema della prevenzione in generale.

prevezione-europa

Viene fatta, innanzitutto, una disamina dei sistemi di misurazione utilizzati dai paesi membri per rendicontare lo stato della prevenzione nei loro territori e un’analisi sommaria delle politiche messe in atto per favorirla. Gli autori dello studio prendono atto della grande eterogeneità di sistemi adottati e della vaghezza delle definizioni e dichiarano che l’Unione Europea sta studiando forme per omogeneizzare interpretazione dei dati e forme di rendicontazione. In altre parole, ancora non esiste un metodo univoco ed affidabile per dichiarare quanta prevenzione viene fatta in Europa.

Tra le politiche più significative adottate dai singoli Stati ci sono la promozione di centri di riuso e mercati dell’usato per frazioni specifiche, le campagne di sensibilizzazione ai consumatori, la costruzione di network di riutilizzatori, l’implementazione di meccanismi per facilitare l’incontro tra domanda e offerta, campagne per incoraggiare il riuso, misure di agevolazione fiscale al riuso e linee guida per i pubblici acquisti, ma nessuno degli esempi menzionati riguarda l’Italia, che viene citata solamente per il fatto (dovuto) di aver incluso la gerarchia nei suoi piani di gestione dei rifiuti, di aver implementato programmi di educazione ambientale e di avere una legge contro lo spreco alimentare.

In sintesi, all’Italia vengono riconosciuti alcuni passi formali ma nessuna iniziativa concreta di rilievo. A essere citate, a più riprese, sono invece le iniziative concrete implementate in Francia, Austria, Svezia, Finlandia, Olanda, Belgio, Spagna, Portogallo, Germania e anche in paesi per certi versi meno sviluppati del nostro come la Bulgaria, l’Ungheria, la Polonia e la Romania. L’esempio delle Fiandre Belga, ancora una volta, viene presentato come eccellenza per la sua capacità di rendicontare e sistematizzare le sue performance. Il settore del riutilizzo italiano, invece, non viene neanche menzionato nonostante il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo 2021 segnali che le sue performance di riutilizzo sono quantitativamente superiori a quelle delle Fiandre. Ma il fatto che l’Europa non ne prenda atto è normale, perché è lo Stato italiano il primo a non prenderne atto.




Per quanto riguarda la prevenzione del tessile, lo studio fa una panoramica di dati e studi significativi riguardanti il flusso di rifiuti e il mercato, enfatizzando il ruolo ascendente dell’online e sottovalutando, forse, l’importanza delle filiere commerciali che attualmente garantiscono il riutilizzo degli indumenti. La normativa REACH sulla proibizione di un’ampia lista di fibre tessili è menzionata senza alcun accenno al fatto che, se applicata così come è, potrebbe rendere impossibile riutilizzo e preparazione per il riutilizzo dei tessili (perché in fase di selezione gli operatori difficilmente possono analizzare capo per capo e fibra per fibra, mentre nella produzione seriale del nuovo la rendicontazione delle fibre è semplice ed automatica).

In quanto alle politiche di prevenzione in essere, lo studio menziona 31 esempi di politiche adottate dagli Stati Membri in diversi ambiti, e anche in questo caso l’Italia non è mai citata.




Nelle conclusioni gli autori dello studio caldeggiano l’adozione, a livello europeo, delle seguenti politiche:

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