Papa Leone riceve gli operatori vulnerabili del riuso
Pietro Luppi
Non tutto deve funzionare a grande scala. Nella ristorazione, così come nel retail del riutilizzo, la storia dimostra che a fare il lavoro migliore sono le microimprese a conduzione familiare. Ma il loro livello di frammentazione, e la natura autonoma del loro lavoro, inibisce spesso la loro aggregazione in associazioni che difendano gli interessi della loro categoria di fronte a legislatori ed istituzioni. E quando sono in corso riforme e ristrutturazioni di sistema, l’assenza dai tavoli di concertazione produce risultati devastanti. Chi lavora in un quadro normativo accettabile rischia l’illegalità, e chi già è emarginato lo diventa ancora di più. Mentre i ristoratori, come gli altri piccoli esercenti e gli artigiani hanno potenti associazioni di riferimento, gli operatori del riutilizzo solo dal 2011, con Rete ONU, si sono dotati di una loro associazione di categoria, senza portafoglio, che fa quello che può per promuovere gli interessi della sua base. Le microimprese che lavorano con la formula del “mercatino conto terzi” sono spesso affiliate a network o franchising che, a loro volta affiliati a Rete ONU, rappresentano blocchi di rappresentanza compatti. Più delicata la situazione dei raccoglitori e venditori ambulanti, in gran parte obbligati a lavorare in regimi di informalità a causa delle lacune normative, che in alcune città hanno loro associazioni di riferimento federate a Rete ONU, ma che nella stragrande maggioranza sono polverizzati e privi di sponde che facilitino il loro dialogo con le istituzioni.

Lo scorso 23 ottobre, in quanto rappresentante del comparto vulnerabili di Rete ONU, e in quanto Presidente di questa associazione, sono stato invitato da Papa Leone XIV a partecipare a un’udienza tutta dedicata ai movimenti popolari che promuovono i diritti dei settori più emarginati dell’umanità. In questa compagine, la delegazione più nutrita era quella dei cosiddetti waste pickers, ossia gli operatori deboli che lavorano nel riutilizzo e nel recupero dei rifiuti. Il loro sindacato mondiale si chiama IAWP (“Alleanza Internazionale dei Waste Pickers”), e Rete ONU ne è un membro attivo. Il 23 ottobre, di fronte al Papa, oltre a me c’erano il Presidente dell’Alleanza Severino Lima, leader dei waste pickers brasiliani, ed altri leader del settore provenienti da Francia, Colombia, Argentina, Senegal e Nigeria.
Dopo aver ascoltato l’accorato appello di una venditrice ambulante statunitense di origini messicane, Papa Leone XIV ha chiarito che la Chiesa è dalla parte dei più deboli, non solo in linea teorica ed astratta, ma appoggiando concretamente le loro istanze e richieste.
“La terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi, e voglio che mi sentiate dire: “Ci sto!, sono con voi!”, ha detto il Pontefice all’inizio del suo discorso.
“Chiedere terra, casa e lavoro per gli esclusi è una cosa nuova? Visto dai centri del potere mondiale, certamente no; chi ha sicurezza finanziaria e una casa confortevole può considerare queste richieste in qualche modo superate. Le cose veramente nuove sembrano essere i veicoli autonomi, oggetti o vestiti all’ultima moda, i telefoni cellulari di fascia alta, le criptovalute e altre cose di questo genere.
Dalle periferie, però, le cose appaiono diverse; lo striscione che sventolate è così attuale che merita un intero capitolo nel pensiero sociale cristiano sugli esclusi nel mondo di oggi.
Questa è la prospettiva che desidero trasmettere: le cose nuove viste dalla periferia e il vostro impegno che non si limita alla protesta, ma cerca soluzioni. Le periferie spesso invocano giustizia e voi gridate non per disperazione, ma per desiderio: il vostro è un grido per cercare soluzioni in una società dominata da sistemi ingiusti. E non lo fate con microprocessori o biotecnologie, ma dal livello più elementare, con la bellezza dell’artigianato. E questa è poesia: voi siete poeti sociali”.
Tra i risultati concreti di questo supporto papale, potrebbe esserci l’identificazione, da parte di tutte le Conferenze Episcopali del Mondo, inclusa quella italiana, di un Vescovo di riferimento incaricato di raccogliere le istanze dei settori più deboli, per garantire il sostegno operativo e politico della Chiesa alle loro lotte. Lotte che, molto spesso, non hanno la forza di condurre da soli. In Italia esistono circa 70.000 operatori vulnerabili del riutilizzo, che dopo la riforma del commercio del 2000 sono rimasti privi di una veste legale chiara. Le forme storiche di raccolta spontanea degli oggetti riusabili sono oggi sanzionabili penalmente, e anche la possibilità di rivendere gli oggetti è osteggiata dai Comuni, spesso restii a concedere autorizzazioni di uso del suolo pubblico a venditori che in buona parte sono rom o immigrati. Emblematico il caso di Roma, dove nel 2007 l’Amministrazione Comunale, a fini demagogici ed elettorali, ha spazzato via i mercati autorizzati degli operatori del riuso vulnerabili, che avevano raggiunto la regolarizzazione dopo duri anni di lavoro e negoziazione. Le amministrazioni susseguitesi dal 2007 a oggi non hanno mai voluto riallacciare il filo del dialogo con i vulnerabili, che oggi giocano a guardie e ladri con la polizia municipale quando cercano di vendere oggetti riutilizzabili alle stazioni della metropolitana. Una situazione triste ed assurda, considerando che in fin dei conti l’unico intento di queste persone è quello di guadagnarsi onestamente il pane, nonostante non riescano ad accedere al mercato al lavoro e non abbiano i requisiti o il capitale per avviare imprese formali; garantendo, tra le altre cose, un risultato ecologico che probabilmente si aggira attorno alle 200.000 tonnellate di riutilizzo annue a livello nazionale (almeno 40 milioni di euro risparmiati dai Comuni per lo smaltimento; ossia, 40 milioni di euro in meno nelle TARI pagate dai cittadini).
La questione di base, assunta dalla Chiesa in chiave religiosa ma condivisa da ogni autentica istanza umanista, è il diritto all’esistenza di tutti coloro che non hanno la forza per difendersi da soli. E tra questi, senza alcun dubbio, ci sono anche gli operatori vulnerabili del riutilizzo.