Invenduto: siamo pronti alla valanga?
Redazionale
A saturare il mercato di riferimento degli operatori dell’usato italiani ed esteri non saranno solo la Preparazione per il Riutilizzo e gli obiettivi di differenziata di vestiti, mobili e materassi post-consumo (temi che il blog di Leotron ha affrontato spesso e volentieri) ma anche un altro flusso: l’invenduto dei negozi al dettaglio, che entro qualche mese potrebbe essere proibito distruggere in Italia come nel resto d’Europa. Non si tratta di seconda mano, perché nessuno ha mai utilizzato quei prodotti. Ma il livello di qualità e i bassi prezzi con i quali si prevede che saranno immessi in circolazione, andranno di sicuro a contendere fette di mercato all’usato. Non serve precisare che ingenti quantità di invenduto già circolano tra magazzini di stocchisti, outlet e piattaforme online, ma la proibizione della distruzione obbligherà molti grandi brand, del lusso come del fast fashion, a rivisitare in modo radicale le loro politiche di retail. E dato che la proibizione sarà integrata al vincolo di rispettare una gerarchia dove il riutilizzo è in cima, l’arrivo della valanga è facilmente prevedibile (anche se, dobbiamo ammetterlo, è molto complicato immaginare in quali forme si proporrà sul medio e lungo termine).
Entriamo nel merito. A stravolgere il mondo dell’invenduto sarà la direttiva Ecodesign for Sustainable Product Regulation (ESPR) che la Commissione Europea ha proposto in sostituzione alla direttiva vigente. Tra maggio e luglio 2023 il Consiglio e il Parlamento Europei hanno prodotto le loro posizioni formali, e adesso si è aperta ufficialmente l’ultima fase di dibattito. Gli approcci di Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo non sono identici, ma esistono dei minimi comuni denominatori che faranno quasi sicuramente parte della nuova norma. In merito alla distruzione dei beni durevoli invenduti, le tre istituzioni europee concordano sull’adozione di un divieto, così come già fatto negli ultimi 3 anni da Francia, Germania e Belgio. Le informazioni relative alla gestione dell’invenduto dovranno essere pubbliche: le imprese daranno conto ai consumatori e alle istituzioni delle quantità non vendute e delle loro destinazioni. Prendendo atto che a causa dell’”evoluzione” del mercato gli overstock rappresentano strutturalmente quasi un terzo degli abiti immessi ai canali di distribuzione, l’Europa assisterà le imprese a riformare i loro processi economici e produttivi promovendo nuovi strumenti tecnologici che velocizzino i feedback provenienti dai consumatori rendendo sempre più efficaci e possibili le produzioni on demand; in questo modo, forse, la quantità di invenduto da dover gestire potrà diminuire.