Giornata Mondiale del Riciclo, le priorità sono altre
Sandra Garay
Il 18 marzo è la Giornata mondiale del Riciclo. Una celebrazione che con gli anni è cresciuta di importanza e che ora, di fatto, si trova al centro di un’intera settimana costellata di eventi e iniziative che riguardano non solo in Italia ma tutto il mondo occidentale. Il riciclo è diventato mainstream, su questo non c’è alcun dubbio. E non c’è neanche dubbio che sia una buona cosa. Ma è proprio quando le certezze diventano più evidenti e massificate che occorre farsi domande più profonde.
Mentre OCSE e Banca mondiale annunciano laconicamente che nel mondo vengono prodotte annualmente due miliardi di tonnellate di rifiuti urbani e che questa quantità continua a crescere, l’Unione Europea si autoproclama trionfalmente avanguardia planetaria del riciclo. Ci sono rapporti ufficiali in cui si parla di oltre un 50% di riciclo a livello comunitario sul totale dei rifiuti prodotti e altri dove si confessa un mero 38%. Queste discrepanze dipendono dagli universi presi statisticamente a riferimento così come dalle definizioni utilizzate, in base a metodi e considerazioni che a volte per i profani del settore sono indecifrabili. Ma fatto sta che, in quanto a percentuali di riciclo, l’Unione Europea sta avanti.
Ma il grande rush verso maggiori percentuali di riciclo, rush nel quale noi europei siamo gli indiscussi campioni, è veramente utile? E ai fini di un’autentica Economia Circolare, fino a che punto il Riciclo è una priorità?
Se il consumo di prodotti nuovi aumenta, una maggiore quota di riciclo non significa necessariamente che stiamo procedendo nella giusta direzione. Con il gioco delle percentuali, purtroppo, possiamo fregiarci di ecologismo anche quando l’impatto ambientale aumenta. Maurizio Pallante, in un articolo pubblicato nel 2022 sul sito dell’associazione SEquS, spiega il concetto con parole molto chiare: “se il prodotto interno lordo cresce, com’e previsto dal modo di produzione industriale, i materiali recuperati dagli oggetti dismessi nell’anno precedente, anche se venissero riutilizzati al 100% non basterebbero a sostenere la crescita della produzione dell’anno seguente. Inoltre, il riciclo richiede un consumo energetico. Pertanto il consumo di risorse crescerebbe. Meno di quanto se non si facesse nulla, ma crescerebbe. E la crisi ecologica si aggraverebbe”.
Per l’ecosistema la lotta per le percentuali ha un’importanza molto relativa. A contare sono solo le quantità assolute di rifiuti prodotti e i relativi impatti ambientali. Per l’industria invece è molto importante che, a fronte di venti anni di ininterrotti incrementi nei prezzi delle materie prime e dell’energia, esista una maggiore disponibilità sul mercato di materie prime secondarie derivanti dai processi del riciclo; in quest’ottica, squisitamente economica e produttiva, ragionare sulle percentuali di riciclo ha perfettamente senso, perché si tratta di capire in che misura l’immesso sul mercato è in grado di rialimentare il loop produttivo.
E’ però sbagliato confondere i concetti e criteri che funzionano per l’economia con quelli che funzionano per l’ecologia. Economia ed ecologia devono allinearsi, ma è importante che la salute di ciascuna sia misurata con gli indicatori più appropriati.
Quali sono le vere priorità per l’Economia Circolare, ossia quelle che, anziché limitarsi a contenere il livello di incremento dell’impatto ambientale, possono realmente invertire la tendenza di distruzione dell’ecosistema? Per trovarle, queste priorità, non c’è bisogno di essere Sherlock Holmes. Basta leggersi bene le norme e gli orientamenti strategici dell’Europa in merito all’Economia Circolare.
In questa epoca di grande entusiasmo per il riciclo (e dove gli investitori internazionali del riciclo, sempre più apertamente, entrano in competizione con le opzioni più ecologiche e convenienti per accaparrarsi i flussi di materia) forse è utile ripetere e ribadire che le priorità sono:
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Riduzione e prevenzione dei rifiuti
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Riutilizzo e Preparazione per il Riutilizzo
L’efficacia di queste pratiche prioritarie dipende, in modo importante, dalla maniera in cui vengono disegnati i prodotti. L’Unione Europea, in atti e documenti strategici che si accumulano uno sull’altro, non si stanca di ripeterlo: le industrie dovrebbero progettare beni di alta durevolezza e idonei, oltre che al riciclo, soprattutto alla riparazione e al riutilizzo. Ma su questo fronte, al contrario che su quello delle percentuali di riciclo, i legislatori europei si mostrano molto timidi e faticano ad andare al di là delle mere dichiarazioni di principio.