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Abiti usati e invenduti in aumento

Venerdì 05 Dicembre 2025

Le politiche ambientali impatterano sempre di più sul settore dell’usato, e tra le forme più imminenti di questo impatto ci sono la raccolta differenziata obbligatoria dei rifiuti tessili in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea, e il divieto di distruzione dell’abbigliamento invenduto introdotto dal Regolamento europeo sull’Ecodesign.

invenduto-tessile

L’obbligo di differenziata dei rifiuti tessili urbani in tutti i paesi europei è scattato il primo gennaio del 2025. L’obiettivo dell’Unione Europea è diminuire drasticamente lo smaltimento di questi rifiuti in discarica o negli inceneritori, prendendo atto che oggi solo il 22% viene raccolto in modo differenziato. Il volume assoluto del differenziato non è comunque di poco conto: quasi due milioni di tonnellate, che equivalgono a circa 6 miliardi di pezzi. Dopo le operazioni di selezione prescritte dalla legge, dove le frazioni riutilizzabili sono separate da quelle da riciclare e smaltire, sono circa 3 miliardi i capi che vengono reimmessi sul mercato della seconda mano.

Una quota di questo flusso rimane nel mercato dell’usato europeo, che, soprattutto nell’Europa meridionale ed orientale è molto vivo, ma oltre l’80% è destinato a paesi extraeuropei, soprattutto dell’Africa Subsahariana. Ora i volumi della raccolta sono destinati ad aumentare, e di conseguenza aumenterà l’offerta di abiti di seconda mano sia nei mercati europei che in quelli extraeuropei. Le città dell’Europa orientale, dove questo tipo di raccolta fino a oggi era scarsamente praticato, sono già piene di contenitori stradali. E in Italia, dove l’obbligo è stato introdotto già nel 2022, le raccolte sono state estese fino ai più piccoli paesi del Sud e delle Isole.

Perché l’aumento dei volumi diventi massiccio mancano obiettivi quantitativi di raccolta e recupero, ma questi arriveranno presto con l’introduzione obbligatoria dei regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR), decisa dall’Europa lo scorso settembre. Tra le conseguenze dirette dell’EPR, ci sarà un forte incremento delle cosiddette raccolte take back presso i punti retail dell’abbigliamento nuovo, che cercheranno di intercettare la maggior quantità possibile di abiti entrando in diretta concorrenza con i negozi dell’usato conto terzi.

In parallelo, il divieto europeo di distruggere i capi invenduti diventerà presto effettivo (luglio 2026 per le grandi imprese, luglio 2030 per tutte le altre), generando un ulteriore ondata di abiti low cost sul mercato, con posizionamento di mercato analogo a quello degli abiti usati. Attualmente gran parte dell’invenduto, che a livello europeo rappresenta tra il 20% e il 40% del volume gestito dai distributori, viene riproposto nei canali outlet e degli stocchisti, sempre più spesso in paesi extraeuropei dove non rappresenta una concorrenza di mercato con il retail comunitario. La quota di ciò che viene distrutto, pur essendo minoritaria, è comunque importante in termini di quantità assolute: la Commissione Europea stima che sia tra il 4% e il 9% dell’immesso sul mercato, pari a un volume compreso tra le 264.000 e le 594.000 tonnellate (tra gli 800 milioni e il miliardo e 800 milioni di pezzi). In questo quadro, l’invenduto delle offerte online supera di gran lunga la media, rappresentando un terzo del totale delle vendite. Tutti questi vestiti, assieme a quelli intercettati nelle raccolte differenziate, saranno riversati sul mercato internazionale creando potenziali sconvolgimenti nel sistema settoriale dei prezzi.

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