Abbigliamento secondhand: la moda sostenibile che fa bene
Acquistare un capo di seconda mano è un gesto semplice, alla portata di tutti, ma capace di generare effetti che vanno ben oltre il risparmio personale. Dietro ogni maglietta, giacca o paio di jeans nuovi si nasconde infatti una filiera lunga e complessa, che consuma enormi quantità di risorse naturali, richiede energia e produce emissioni di gas serra. Negli ultimi anni, il mercato dell’abbigliamento secondhand ha smesso di essere un settore di nicchia per diventare una componente strutturale del sistema moda. Questo cambiamento è stato favorito sia da una crescente consapevolezza ambientale, sia dalla ricerca di capi unici e accessibili. Eppure, parlare di secondhand significa parlare di molto più che di moda: significa affrontare i temi della sostenibilità ambientale, della resilienza economica e della giustizia sociale.
Sostenibilità ambientale: prolungare la vita dei capi per dimezzarne l’impatto
L’industria tessile è una delle più vaste e impattanti sul pianeta. Consuma ogni anno circa 93 miliardi di metri cubi di acqua, una risorsa che in molte aree del mondo è già sotto forte pressione. Inoltre, è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra, una quota superiore a quella generata complessivamente da aviazione e trasporto marittimo internazionale.
Per capire il peso di un singolo capo, prendiamo l’esempio di una T-shirt in cotone:
-
2.700 litri di acqua consumati per la produzione, pari a ciò che una persona beve in quasi tre anni;
-
6,5 kg di CO2 equivalenti emessi;
-
20-30 kWh di energia utilizzati per coltivare il cotone, produrre il tessuto, confezionare e trasportare il prodotto finito.
Questo è l’impatto “nascosto” di ogni capo nuovo. Ma se la stessa T-shirt viene riutilizzata, i numeri cambiano radicalmente:
-
Un secondo proprietario dimezza consumi ed emissioni;
-
Con un terzo, l’impatto scende a meno di un terzo rispetto a un capo nuovo.
Il riuso riduce anche il rilascio di microfibre, non sempre visibili ma pericolose e inquinanti. Durante il lavaggio di tessuti sintetici, piccole particelle di plastica finiscono nei mari e negli oceani, si stima 500.000 tonnellate ogni anno. Una T-shirt nuova rilascia in media 9 grammi di microfibre all’anno, che però diventano 6 grammi con due proprietari e 4 grammi con tre.
Infine, c’è il tema dello smaltimento. Meno dell’1% dei tessili viene riciclato in nuovi tessuti: la maggior parte finisce in discarica o viene incenerita. Prolungare la vita dei capi significa ridurre il più possibile la produzione di rifiuti tessili, risparmiando risorse e limitando l’inquinamento.
Sostenibilità economica: un comparto che crea valore e rafforza il Paese
Quando si parla di secondhand, spesso ci si limita a pensare solo al risparmio per il singolo acquirente o al guadagno di chi vende un capo che non usa più. In realtà, questo settore ha una rilevanza economica ben più ampia, capace di incidere sull’economia nazionale.
Il mercato italiano dell’usato, di cui l’abbigliamento è una delle categorie forti, è in continua crescita. Volendo porre l’attenzione sui negozi dell’usato in conto terzi, questi ultimi generano ogni anno un fatturato di quasi 900 milioni di euro, distribuito su circa 3.000 punti vendita, secondo le stime del Tavolo Tecnico di ISPRA e Rete ONU.
Si tratta di un’economia che:
-
Genera occupazione diretta;
-
Attiva filiere di servizi;
-
Stimola l’imprenditorialità.
A livello macroeconomico, il secondhand riduce la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di abbigliamento nuovo — spesso proveniente da Paesi extra-UE — contribuendo a migliorare la bilancia commerciale.
Il mercato dell’usato contribuisce a dare nuova linfa al commercio di prossimità: gran parte degli scambi avviene infatti su base locale, con effetti positivi sulla coesione delle comunità e sulla circolazione della ricchezza all’interno del territorio. Inoltre, permette a un’ampia fascia di consumatori di accedere a capi di qualità e di marchi prestigiosi a prezzi più bassi, liberando risorse economiche che possono essere spese in altri settori.
Se il comparto del secondhand fosse ulteriormente potenziato, il suo contributo alla riduzione dell’impatto ambientale e al rafforzamento dell’economia interna sarebbe ancora maggiore. Questo non solo attraverso la vendita al dettaglio, ma anche grazie a politiche pubbliche di incentivo al riuso e alla riparazione.
Sostenibilità sociale: un’economia più giusta e trasparente
Il lato sociale della moda è spesso nascosto agli occhi del consumatore. Gran parte della produzione, soprattutto quella che riguarda la fast fashion, avviene in Paesi dove le condizioni di lavoro non sono regolamentate in modo rigoroso e dove i salari possono essere molto bassi, situazioni cui si cerca di dare voce anche attraverso iniziative come la Fashion Revolution.
Il secondhand contribuisce a rallentare il ciclo, riducendo la domanda di produzione nuova e quindi la pressione sulle filiere industriali. Questo non risolve i problemi strutturali dell’industria della moda, ma è un passo concreto verso un sistema più etico.
In Italia, la filiera dell’usato ha un impatto positivo anche dal punto di vista occupazionale e culturale, se pensiamo che nel settore del riutilizzo sono coinvolti 100.000 addetti. Infatti, crea posti di lavoro locali e rafforza il legame comunitario, poiché ogni transazione è anche uno scambio di storie, non solo di merci.
Come far durare i capi più a lungo per un riuso efficace
Prolungare la vita di un capo significa ridurne l’impatto ambientale e ottimizzarne il valore economico, una volta che verrà reimmesso in commercio. Piccoli gesti quotidiani permettono ai vestiti di ottenere un ciclo di vita molto più lungo.
Lavare con intelligenza è il primo passo. Una T-shirt mantenuta in buone condizioni può essere indossata per anni, evitando così l’acquisto anticipato di un capo nuovo. Per questo:
-
Scegliere lavaggi a temperatura moderata, non oltre i 30 °C, consente di abbattere i consumi energetici e di mantenere più a lungo l’integrità delle fibre;
-
Impostare programmi delicati e ridurre la velocità di centrifuga aiuta a conservare la forma del capo e la solidità del tessuto;
-
Rinunciare all’asciugatrice e lasciare asciugare i vestiti all’aria aperta limita le emissioni e contribuisce a prolungarne la vita;
-
Evitare lavaggi troppo frequenti: in molti casi, far prendere aria al capo è sufficiente per renderlo nuovamente fresco.
Anche la scelta del materiale ha un ruolo strategico. Optare per capi in monomateriale — come 100% cotone o 100% lino di qualità — facilita il riciclo a fine vita e riduce l’impatto ambientale, perché non sono necessari processi complessi per separare fibre diverse. In più, le catene produttive basate su tessuti naturali e non misti risultano generalmente più tracciabili, riducendo la possibilità che vengano utilizzate fibre miscelate provenienti da fornitori con criteri poco trasparenti.
Un capo semplice e ben fatto non solo dura di più, ma si presta a riparazioni, personalizzazioni e trasformazioni, mantenendo il suo valore nel tempo. Questo significa che ogni capo ben conservato può essere venduto o riacquistato con maggiore facilità, generando un ciclo economico virtuoso.
Nelle affiliazioni in network franchising gestite da Leotron, ogni capo secondhand che arriva in negozio viene attentamente selezionato, sottoposto a controlli di qualità e a processi di igienizzazione sicuri. Così, è pronto a raccontare una nuova storia e a dare il suo contributo a un’economia più umana, circolare e sostenibile.
In questo senso, il secondhand non è solo un’alternativa di acquisto, ma un tassello di un modello economico e sociale più equilibrato, in cui il valore non è misurato solo in termini monetari, ma soprattutto in termini di impatto e benessere collettivo.
Le letture che ti consigliamo per avvicinarti alla sostenibilità: