Il Riutilizzo nel Clean Industrial Deal
Redazionale
In Europa, ormai da tempo, geoeconomia e politiche ecologiche vanno a braccetto. Nelle relazioni illustrative, introduzioni e considerati che giustificano le Direttive e i Regolamenti riguardanti l’ambiente, l’argomento dell’autonomia strategica dell’industria comunitaria è presentato sempre più esplicitamente, fino a diventare, in molti casi, l’argomento dominante. La tesi è molto semplice: decarbonizzando l’energia, riciclando e riutilizzando, riduciamo la nostra dipendenza dalle materie prime che provengono dai paesi extracomunitari; ma non solo: alzando gli standard ambientali (e anche sociali) dei prodotti immessi sul mercato europeo, possiamo porre barriere all’invasione commerciale dei prodotti low cost che provengono dai paesi emergenti (Cina in primis).
Il Riutilizzo, che si fonda sull’economia della seconda mano, è parte integrante di questo grande piano. Purtroppo, nei tavoli di concertazione dove si discutono e preparano le decisioni, a promuoverlo non ci sono lobbies potenti come quelle industriali. Il punto di vista degli operatori della seconda mano è sottorappresentato, e il tema tende a essere monopolizzato dalle istanze particolaristiche delle imprese sociali. Ma, comunque, rimane parte integrante del piano.
Il Clean Industrial Deal, lanciato dalla Commissione Europea lo scorso febbraio, è per ora una comunicazione rivolta a Parlamento Europeo, Consiglio Europeo e Comitato delle Regioni. Ventotto pagine di fitto testo che hanno un’introduzione squisitamente geoeconomica e geopolitica. L’inizio del primo capoverso è: “la base industriale dell'Europa è un caposaldo della nostra identità e competitività”. Il Clean Industrial Deal, indica priorità e scaletta di marcia in merito a politica energetica, incentivi alla domanda di prodotti “puliti”, investimenti pubblici e privati, economia circolare, mercati globali e partenariati internazionali. Per chi vuole capire dove va l’Europa la lettura di queste paginette ha un’importanza chiave.
Cosa devono aspettarsi gli imprenditori della seconda mano?
Nel testo del Clean Industrial Deal il Riutilizzo, come spesso accade nelle norme europee e nazionali, è nominato soprattutto en passant, precedendo la menzione di Riciclaggio nella lista delle azioni di circolarità. Prima di Riciclaggio perché la gerarchia dei rifiuti riconosce che, per ragioni ambientali, il Riutilizzo è prioritario. Ma al di là di questo status formale, nelle norme ambientali l’importanza realmente attribuita al Riutilizzo tende ad essere di gran lunga inferiore a quella assegnata al Riciclaggio. Il Clean Industrial Deal non fa di certo eccezione, e per rendersene conto basta inserire la parola “riutilizzo” nella funzione ricerca. La menzione è una sola, e non potrebbe essere più vaga. Il neretto lo abbiamo aggiunto noi.
Per aumentare la circolarità e la capacità di riciclaggio nell'UE, raggiungendo tra le altre cose l'obiettivo del 25 % di riciclaggio stabilito nel regolamento sulle materie prime critiche, la Commissione valuterà misure supplementari che rendano più conveniente il riciclaggio dei rifiuti di materie prime critiche all'interno dell'Unione rispetto all'esportazione. La Commissione elaborerà inoltre misure per incentivare il riutilizzo e il riciclaggio – anziché il collocamento in discarica – attraverso una raccolta differenziata più efficace.
La principale novità per il nostro settore potrebbe però arrivare sul fronte fiscalità. Nel capitolo Clean Industrial Deal dedicato all’economia circolare, è chiaramente specificato che:
la Commissione si propone di riesaminare le norme sul regime per i beni d'occasione di cui alla direttiva IVA27, nell'ambito dell'iniziativa "Green VAT" (IVA verde) per affrontare la questione dell'IVA insita nei prodotti di seconda mano.
L’iniziativa Green VAT è calendarizzata tra le iniziative faro di circolarità, nel quarto trimestre 2026. I prossimi mesi saranno decisivi per portare al tavolo dell’Europa i codici ATECO del settore della seconda mano e ottenere un’effettiva inclusione nelle agevolazioni che saranno discusse. L’usato conto terzi, avendo finalmente il proprio Codice ATECO (47.91.10), ha buone opportunità di rientrare tra gli agevolati.
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