Fashion Revolution 2024: un decennio dopo Rana Plaza
Redazionale
Il 24 aprile 2013, il mondo assistette a una delle più grandi tragedie dell'industria dell'abbigliamento: il crollo del Rana Plaza in Bangladesh. Questo evento catastrofico non solo costò la vita a 1.134 persone e ne ferì oltre 2.500, ma mise anche in luce le condizioni di lavoro disumane e la necessità di un cambiamento radicale nell'industria della moda.
Il disastro del Rana Plaza ha evidenziato la pericolosità e l'insostenibilità delle pratiche lavorative nel settore dell'abbigliamento dove lavoratori, per lo più donne, erano costretti a operare in condizioni pericolose per la vita. La risposta globale non si fece attendere: nacque un movimento che chiedeva trasparenza, sicurezza e giustizia - la Fashion Revolution.
Sono stati attuati diversi cambiamenti nell’industria dell’abbigliamento dopo il 2013. L'Accordo sulla sicurezza dei lavoratori in Bangladesh (Bangladesh Safety Accord), firmato il 15 maggio 2013, è stato uno dei primi passi verso la riforma, stabilendo un impegno legalmente vincolante tra marchi di abbigliamento e sindacati per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore tessile e dell'abbigliamento del Bangladesh.
Inoltre, si è assistito a un crescente movimento verso la sostenibilità e la responsabilità etica. I consumatori sono diventati più consapevoli dell'impatto ambientale dell'industria della moda, che è responsabile di una percentuale significativa delle emissioni globali di gas serra. Di conseguenza, molte aziende hanno iniziato a implementare pratiche più sostenibili, come l'uso di materiali riciclati e processi di produzione a basso impatto ambientale.
La docuserie "Junk - Armadi pieni" ha ulteriormente acceso i riflettori sulla questione, con un episodio dedicato alle conseguenze del disastro del Rana Plaza a dieci anni di distanza, mostrando come la moda veloce – la cosiddetta “fast fashion” - abbia contribuito a un ciclo di consumo insostenibile e a una produzione di rifiuti tessili che gravano sull'ambiente.
L'Accordo sulla sicurezza dei lavoratori in Bangladesh: un passo avanti per la dignità e la sicurezza
Il crollo del Rana Plaza in Bangladesh nel 2013 ha scosso il mondo, rivelando le precarie condizioni di lavoro nell'industria tessile e spingendo a un'azione collettiva per la sicurezza dei lavoratori. In risposta a questa tragedia, è stato stipulato l'Accordo sulla sicurezza dei lavoratori in Bangladesh, o “Bangladesh Accord”, un patto internazionale che ha segnato un punto di svolta nella lotta per i diritti dei lavoratori e la sicurezza sul lavoro nel settore dell’abbigliamento.
Questo accordo, entrato in vigore il primo settembre 2021, ha rinnovato il precedente "Accord on Fire and Building Safety" firmato nel 2013. Il nuovo accordo è stato accolto con favore dalle organizzazioni non governative e dai sindacati, poiché conserva e fa progredire gli elementi fondamentali che hanno permesso all'Accordo originale di ottenere risultati significativi.
Il patto è legalmente vincolante e coinvolge circa 200 brand di moda internazionali. Esso si basa su principi fondamentali come la libertà di associazione per i lavoratori, l'attuazione di controlli indipendenti nelle fabbriche, la formazione sistematica dei comitati di sicurezza, una governance condivisa tra i lavoratori e i marchi, e un programma di sensibilizzazione dei lavoratori. Questi principi hanno contribuito a salvare innumerevoli vite. Secondo quando riportato da Reuters, hanno reso più sicure circa 1.600 fabbriche e proteggendo oltre due milioni di lavoratori.
Una delle novità più importanti del nuovo accordo è l'allargamento della copertura alla sicurezza in generale, non limitandosi solo alla prevenzione degli incendi e alla sicurezza degli edifici. Inoltre, vi è l'impegno a estendere l'applicazione dell'accordo ad almeno un altro Paese, con il Pakistan come primo candidato, a seguito di un terribile incendio in una fabbrica tessile nel 2012.
L'Accordo sulla sicurezza dei lavoratori in Bangladesh è un esempio di come la collaborazione tra marchi di moda, sindacati, attivisti e consumatori possa portare a cambiamenti concreti e duraturi. È un promemoria che un futuro più sicuro e dignitoso per i lavoratori dell'industria tessile non è solo possibile, ma è una responsabilità collettiva che richiede impegno e azione continua.
I risultati delle riforme nell’industria della moda in Bangladesh hanno contribuito a migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro nell'industria tessile del paese. Tra i risultati più rilevanti si annoverano:
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Miglioramento delle condizioni di sicurezza: questo è stato possibile grazie a ispezioni regolari e imparziali, che hanno portato alla divulgazione pubblica dei resoconti e dei piani d'azione correttivi;
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Formazione dei lavoratori: i lavoratori hanno ricevuto formazione sui protocolli di sicurezza, aumentando la consapevolezza e la preparazione in caso di emergenze, creando un ambiente di lavoro più informato e consapevole;
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Libertà di associazione: l'accordo ha rafforzato la libertà di associazione per i lavoratori, permettendo loro di unirsi a sindacati e di avere una voce più forte nella difesa dei propri diritti;
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Governance condivisa: è stata implementata una governance condivisa tra i lavoratori e i marchi, assicurando che entrambe le parti siano coinvolte nel processo decisionale relativo alla sicurezza sul lavoro;
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Obblighi per i brand: i brand di moda internazionali coinvolti nell'accordo sono tenuti a pagare prezzi sufficienti ai fornitori per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro e a interrompere i rapporti con qualsiasi fabbrica che si rifiuti di operare in sicurezza.
Questi risultati dimostrano l'efficacia dell'Accordo nel promuovere un cambiamento positivo e duraturo nell'industria tessile. Tuttavia, la strada verso una completa trasformazione della moda in etica e sostenibile è ancora lunga e richiede l'impegno continuo di tutti gli attori coinvolti.
Gli ostacoli nell'attuazione dell'Accordo sono stati molteplici e hanno rappresentato sfide significative per il progresso verso una maggiore sicurezza e giustizia nell'industria tessile. Alcuni dei principali ostacoli includono:
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Molti proprietari di fabbriche hanno espresso preoccupazioni riguardo ai costi elevati richiesti per conformarsi ai miglioramenti della sicurezza imposti dall'accordo, questa resistenza ha talvolta rallentato o impedito l'implementazione di misure di sicurezza cruciali;
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L'industria tessile del Bangladesh è vasta e complessa, con migliaia di fabbriche, inclusi numerosi subappaltatori e piccole imprese, ciò ha reso difficile monitorare e implementare gli standard di sicurezza in modo uniforme su tutta la catena di approvvigionamento;
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Il tentativo di trasferire le responsabilità di monitoraggio dall'Accordo a enti normativi statali, come la Remediation Co-Ordination Cell (RCC), ha sollevato preoccupazioni riguardo alla capacità di questi enti di gestire efficacemente le ispezioni e i miglioramenti necessari;
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La RCC, fondata attraverso la collaborazione degli enti governativi e delle associazioni dei proprietari delle industrie, non ha rappresentanti dei sindacati dei lavoratori tessili, sollevando dubbi sulla sua capacità di rappresentare gli interessi dei lavoratori;
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Nonostante l'accordo sia legalmente vincolante, l'impegno dei brand di moda internazionali varia, e alcuni possono essere riluttanti a tagliare i legami con i fornitori non conformi, temendo la perdita di vantaggi competitivi;
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Il governo del Bangladesh e il settore dell'abbigliamento hanno dovuto bilanciare la necessità di miglioramenti della sicurezza con le pressioni economiche e politiche, inclusa la preoccupazione di mantenere la competitività del settore a livello globale.
Questi ostacoli evidenziano la complessità di attuare riforme in un'industria globale e interconnessa come quella dell'abbigliamento.
Le condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori nell'industria della moda
La moda è un settore globale che impiega milioni di persone in tutto il mondo, con una catena di fornitura estesa e complessa. Attualmente, le condizioni di lavoro nell'industria della moda variano notevolmente a seconda del paese e della fabbrica.
Tuttavia, ci sono alcune problematiche comuni che affliggono ancora una buona parte di lavoratori:
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Salari inadeguati: molti lavoratori dell'abbigliamento non guadagnano abbastanza per coprire i bisogni umani di base come cibo, alloggio e assistenza sanitaria, questo è dovuto a salari che spesso non raggiungono il livello di sussistenza;
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Orari di lavoro eccessivi: i lavoratori sono spesso soggetti a lunghe ore di lavoro, talvolta senza la giusta compensazione per gli straordinari;
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Condizioni di lavoro insicure: la sicurezza sul posto di lavoro rimane una preoccupazione, con molti lavoratori che operano in ambienti pericolosi senza adeguate misure di protezione;
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Violazioni dei diritti umani: vi sono continue segnalazioni di violazioni dei diritti umani fondamentali, come il lavoro forzato, la mancanza di contratti di lavoro e di previdenza sociale, e le molestie sui lavoratori;
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Libertà di associazione: la libertà di formare e unirsi a sindacati è spesso limitata, impedendo ai lavoratori di negoziare collettivamente per migliori condizioni di lavoro.
Per quanto riguarda i diritti dei lavoratori nell’industria tessile, questi dovrebbero essere garantiti dalle leggi nazionali e dalle normative internazionali, ma l'applicazione effettiva varia ampiamente. I diritti fondamentali includono:
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Il diritto a un salario equo e sufficiente per vivere dignitosamente;
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Il diritto a condizioni di lavoro sicure e salubri;
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Il diritto a orari di lavoro ragionevoli e a periodi di riposo;
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Il diritto alla libertà di associazione;
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Il diritto a un ambiente di lavoro privo di discriminazione e molestie.
Nonostante gli sforzi finora messi in atto, rimane ancora molto da fare per garantire che tutti i lavoratori dell'industria della moda godano di condizioni di lavoro eque e sicure. La produzione incontrollata e l'eccessiva quantità di abbigliamento hanno un impatto ambientale notevole, e la delocalizzazione della produzione in Paesi con manodopera a basso costo continua a sollevare questioni etiche.
È fondamentale che tutti gli stakeholder, dai marchi di moda ai consumatori, collaborino per promuovere un cambiamento positivo e sostenibile nel settore.
Guardando al futuro, l'industria della moda si trova di fronte a un potenziale 2024 “stagnante”, come descritto da “Il Sole 24 Ore”, con previsioni di crescita limitate tra il 2 e il 4%. I fattori che influenzano queste previsioni includono l'instabilità geopolitica, l'aumento del costo della vita e l'urgenza di affrontare la crisi climatica. Le aziende sono chiamate a non rimandare ulteriormente gli investimenti nella sostenibilità, considerando l'impatto economico della crisi climatica sulle esportazioni di abbigliamento, stimato in 65 miliardi di euro entro il 2030.
Fashion Revolution
La Fashion Revolution è un movimento globale che ha preso vita nel 2014, dimostrando l’impatto del crollo del Rana Plaza. Cade ogni anno nella settimana che comprende il 24 aprile, e quest’anno avrà luogo dal 15 al 24 aprile 2024.
Le fondatrici del movimento, Orsola de Castro e Carry Somers, hanno lanciato la Fashion Revolution per promuovere un cambiamento radicale nell'industria della moda, con l'obiettivo di garantire la trasparenza, la sostenibilità e il rispetto dei diritti umani in tutta la catena di produzione. La mission del movimento è quella di creare un settore della moda che valorizzi le persone, l'ambiente, la creatività e i profitti in maniera equa e sostenibile.
La Fashion Revolution si impegna a sensibilizzare il pubblico e l'industria attraverso diverse azioni e campagne. Una delle più note è la campagna #whomademyclothes, che incoraggia i consumatori a domandarsi chi ha prodotto i loro vestiti e in quali condizioni. Questa campagna mira a creare un collegamento diretto tra i consumatori e le persone che lavorano nelle fabbriche di abbigliamento, aumentando la consapevolezza e la richiesta di trasparenza e giustizia.
Il movimento si impegna a educare e coinvolgere il pubblico attraverso eventi, workshop e risorse educative, promuovendo l'idea che un cambiamento positivo è possibile attraverso scelte consapevoli e azioni collettive. La Fashion Revolution lavora a stretto contatto con designer, aziende, sindacati, politici e accademici per sviluppare soluzioni innovative e pratiche che possano guidare l'industria verso un futuro più etico e sostenibile.
Rappresenta una risposta critica e costruttiva alle problematiche dell'industria della moda, offrendo una piattaforma per il dialogo, l'azione e il cambiamento. Con la sua missione di trasformare l'industria da un punto di vista etico, il movimento continua a crescere e a influenzare positivamente il modo in cui moda viene prodotta e consumata in tutto il mondo, ricordandoci che ogni azione conta e che insieme possiamo costruire un'industria che rispetti sia le persone che il pianeta.