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Economia Circolare: definizione, riforme e implicazioni

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Cosa significa Economia Circolare?

Cos’è l’Economia Circolare? Il sito del Parlamento Europeo offre una definizione semplice e chiara:

L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.

In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile con il riciclo. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore. 

I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Il modello economico tradizionale dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali e energia facilmente reperibili e a basso prezzo. 

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Situazione normativa

La transizione verso l’Economia Circolare è attualmente oggetto di un ambizioso pacchetto di riforme che spaziano dal regolamento europeo sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti (regolamento “Ecodesign”), che impone alle industrie di produrre con materiali riciclati prodotti che a loro volta siano riutilizzabili, riparabili e riciclabili, alla Strategia Circolare del Tessile, che introduce la Responsabilità Estesa del Produttore nel recupero degli abiti usati, fino alle regole settoriali per il diritto alla riparazione e il recupero di batterie, materie critiche, automobili, mobili e materassi; il tutto nel quadro dell’obiettivo generale di recuperare il 60% dei rifiuti prodotti a partire dal 2030 e del 65% dei rifiuti prodotti a partire dal 2035. Perché l’Economia Circolare sia autentica ed efficace serve vigilanza sui flussi di rifiuti recuperati, e quindi la riforma include anche direttive e regolamenti specifici sul trasporto internazionale dei rifiuti, sul passaporto digitale del prodotto (che seguirà il percorso di ogni bene, dalla produzione alle fasi di fine vita e recupero), sulla rendicontazione ambientale e sul green claiming (con le nuove regole fare green washing sarà più difficile).

“Nei documenti strategici europei sulla riforma, appaiono due classi di motivazione: quella ecologica e quella geoeconomica” spiega il patron di Leotron Alessandro Giuliani”. “Geoeconomica perché, al di là della crescente sensibilità ecologica di elettori e consumatori, che spingono i legislatori e le industrie a porre maggiori e concreti vincoli sulla sostenibilità del modello economico, esiste la necessità di ridurre il più possibile l’approvvigionamento di materie prime e combustibile dai paesi extraeuropei, essendo la situazione del commercio globale instabile a causa dei conflitti e delle divergenze diplomatiche. In questo quadro, hanno un’importanza specifica anche le economie del riutilizzo e della seconda mano, che nella politica ambientale europea rientrano sotto le definizioni di prevenzione e riutilizzo”. Il Riutilizzo sarà oggetto, a livello europeo, di obiettivi quantitativi specifici, che verranno calcolati a partire dall’attuale stato dell’arte. Il Ministero all’Ambiente e alla Sicurezza Energetica italiano ha comunicato all’Europa che il nostro paese nel 2022 ha riutilizzato 231.000 tonnellate di beni grazie al lavoro dei negozi dell’usato conto terzi; nei prossimi report verrà calcolato anche l’apporto di riutilizzo degli operatori ambulanti dell’usato.




Implicazioni pratiche

La riforma dell’Economia Circolare è stata criticata da personalità e organizzazioni del mondo ecologista, perché riduce i rifiuti in maniera proporzionale all’immesso sul mercato, ma senza mettere in discussione i volumi di quanto viene prodotto.

Il noto ecologista e studioso Maurizio Pallante, in un articolo pubblicato nel 2022 sul sito dell’associazione SEquS, ha espresso una critica molto dura: “Dopo aver accusato per mezzo secolo gli ecologisti di essere nemici della scienza e del progresso, i loro avversari hanno deciso di cambiare strategia e si sono schierati tra le loro fila. Anzi, hanno preteso di prenderne la guida [...]. Con la definizione di economia circolare, che integra quella di raccolta differenziata, si alimenta l’illusione che, se si riutilizzano i materiali contenuti negli oggetti dismessi nell’anno precedente per rifornire la produzione dell’anno successivo, si possa avviare una sorta di moto produttivo perpetuo, continuando a produrre ogni anno di più e a programmare l’obsolescenza degli oggetti senza aggravare la crisi ecologica. In realtà, se il prodotto interno lordo cresce, com’è previsto dal modo di produzione industriale, i materiali recuperati dagli oggetti dismessi nell’anno precedente, anche se venissero riutilizzati al 100% non basterebbero a sostenere la crescita della produzione dell’anno seguente. Inoltre, il riciclo richiede un consumo energetico. Pertanto il consumo di risorse crescerebbe. Meno di quanto se non si facesse nulla, ma crescerebbe. E la crisi ecologica si aggraverebbe. Per contribuire a ricondurre il consumo delle risorse nei limiti della sostenibilità ambientale, l’economia circolare deve essere inserita in un progetto complessivo di riduzione del prodotto interno lordo attraverso la riduzione degli sprechi e l’allungamento della durata di vita degli oggetti. Se non si imposta in questo modo, la proposta dell’economia circolare si riduce a un alibi ambientalista. Lo dimostra il fatto che nel 2021 l’indice di circolarità nei Paesi dell’Unione Europea è stato dell’8,6 %. Il 91,4% dei materiali contenuti negli oggetti dismessi non è stato riutilizzato”.

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